Il badante-killer preparava la fuga in Sudamerica
San Giuliano Milanese, ha ucciso l’uomo di 71 anni che assisteva. Pronto il volo per El Salvador
Èstato fermato dai carabinieri nella casa della sorella appena prima di imbarcarsi per El Salvador, il suo Paese. Juan Carlos Dominguez il 26 novembre aveva strangolato a San Giuliano Milanese l’uomo a cui faceva da badante: Antonio Izzo, di 71 anni. Izzo lo aveva licenziato due giorni prima. Ora il badante killer è in carcere a Lodi.
Non voleva lasciare quell’occupazione che gli garantiva un tetto e 650 euro (in nero) al mese. Così colto da un raptus, il badante salvadoregno Juan Carlos Dominguez ha strangolato Antonio Izzo, 71 anni, di San Giuliano Milanese, suo datore di lavoro, che lo aveva licenziato due giorni prima. L’omicida è stato fermato nella notte tra lunedì e martedì dai carabinieri di San Donato appena prima di salire sul volo che lo avrebbe riportato a El Salvador. Ora è in cella a Lodi.
L’uccisione era avvenuta il 26 novembre nell’appartamento di Izzo al settimo piano di uno stabile di via Verdi, a dare l’allarme era stato un giovane badante italiano che il giorno dopo avrebbe preso il posto di Dominguez. Sulle prime era sembrata una morte naturale; poi, di fronte al ritrovamento di pillole e materiale a luci rosse, si era pensato a un gioco autoerotico finito male. L’appartamento era in ordine e la vittima senza segni di violenza. Ma alcuni particolari — la scomparsa del cellulare e dei soldi dal portafoglio — avevano insospettito gli inquirenti.
Due giorni dopo l’autopsia ha confermato l’omicidio per strangolamento, probabilmente con un accappatoio. Unico sospettato il badante salvadoregno, 34 anni, arrivato in Italia a settembre, assunto grazie a un annuncio su Facebook dalla vittima, impiegato in pensione della Innovhub di San Donato, single, senza figli e da sempre solo, se si escludono due nipoti che vedeva di rado. Dominguez ha passato 40 giorni nella casa di via Verdi 24: poi la brusca interruzione del rapporto di lavoro e il raptus omicida, in parte confessato nell’ultimo interrogatorio lunedì notte.
I carabinieri lo avevano prelevato dall’abitazione della sorella a Milano, dove si era rifugiato in attesa del volo che alle 8.30 del mattino successivo da Malpensa lo avrebbe riportato a casa. A inchiodarlo, il ritrovamento nel suo borsone del cellulare, del tablet, di alcuni monili e di una macchina fotografica della vittima.