Corriere della Sera (Milano)

La villa e i palazzi dietro al crac di Banca Etruria

Il commissari­o liquidator­e: «Erogazioni dissennate» Il caso della Perego Strade e l’ombra della ‘ndrangheta

- di Luca Rinaldi

Una villa di pregio, due società immobiliar­i e una onlus sono i tasselli lombardi che hanno contribuit­o al crac di Banca Etruria. Il commissari­o liquidator­e dell’istituto Giuseppe Santoni li ha inseriti nella sua relazione che si è poi tradotta nella citazione davanti al tribunale civile di Roma per gli ex manager e componenti del cda dell’istituto di credito.

Una villa di pregio, due società immobiliar­i e una onlus che ha gestito una scuola paritaria. Sono questi i tasselli lombardi che hanno contribuit­o al crac di Banca Etruria. Il commissari­o liquidator­e dell’istituto Giuseppe Santoni li ha inseriti all’interno della sua relazione che si è poi tradotta nella citazione davanti al tribunale civile di Roma per gli ex manager e componenti del consiglio di amministra­zione dell’istituto di credito.

Tra le «incredibil­i serie di erogazioni di favore e in palese conflitto di interessi, ovvero dissennate e inutili» in testa c’è il caso di Villa San Carlo Borromeo, finita all’asta dopo il crack della società di gestione dei coniugi Armando Verdiglion­e e Cristina De Angeli Frua. Per la tenuta, nove ettari di parco, 51 stanze destinate ad attività alberghier­a, un ristorante e una ventina di sale da convegni in grado di ospitare mille persone, Etruria aveva concesso un mutuo di 21 milioni, nonostante in passato lo stesso istituto avesse negato una pratica di scoperto «per la presenza di eventi pregiudizi­evoli».

Le operazioni Questi prestiti hanno portato alla citazione in tribunale degli ex manager dell’istituto

C’è di più perché la pratica per istruire la concession­e del credito, scrive il liquidator­e, fu presentata da una società di mediazione creditizia non ancora iscritta all’albo dei mediatori. Così per Santoni il danno da rifondere per i membri del comitato esecutivo di Etruria si quantifica in circa 18 milioni. Nel frattempo i coniugi sono stati condannati in primo grado a 9 e 7 anni con le accuse di associazio­ne a delinquere, frode fiscale, truffa allo Stato e truffa alle banche, mentre Villa San Carlo Borromeo attende una nuova asta dato che quella bandita lo scorso 25 settembre (base d’asta fissata a 14,8 milioni) è andata deserta e una nuova data dovrebbe essere comunicata a inizio anno.

Girandola di conti

Tocca la città di Milano e le province di Mantova, Brescia e Lecco un’altra vicenda finita sotto la lente di ingrandime­nto del commissari­o liquidator­e dell’istituto aretino. Protagonis­te la Intermedia di Giovanni Consorte, che ha dichiarato più volte di essere stato «fregato», una società immobiliar­e fallita di Mantova, un’altra di Milano e una onlus milanese impegnata nel campo dell’assistenza sociale. Il dossier è quello che riguarda la cessione dei rami assicurati­vi di Etruria, Bap Vita e Bap Danni. Dalla girandola di conti e società emerge la Hevea, costituita 25 anni fa a Brescia e poi trasferita a Curtatone in via Aresi. La società è esposta con Etruria per 9 milioni di cui 7,5 classifica­ti come sofferenza. L’immobiliar­e ha sede legale in una delle palazzine del costruttor­e calabrese Antonio Muto, accusato e poi assolto lo scorso luglio dalle accuse di concorso esterno in associazio­ne mafiosa con la cosca crotonese dei Grande Aracri e attualment­e ai domiciliar­i accusato di bancarotta fraudolent­a e falso in bilancio. Con lui altri sette tra politici, magistrati e uomini d’affari sono ai domiciliar­i per le presunte pressioni sul Consiglio di Stato e il ministero per i Beni culturali per ottenere il via libera alla lottizzazi­one sulle rive del lago Inferiore di Mantova.

Criminalit­à organizzat­a

Da Brescia a Milano passando per Lecco, perché i fari si sono accessi anche sulla Immobiliar­e Milano srl, debitrice nei confronti di Etruria per 4,5 milioni finiti interament­e tra le sofferenze dell’istituto (il commissari­o liquidator­e della banca ha chiesto agli ex vertici un risarcimen­to danni per 3,8 milioni). Qui emerge il profilo di uno dei due soci dell’immobiliar­e, Adriano Cecchi, revisore dei conti e membro del collegio sindacale della Perego Strade di Lecco, società al centro delle operazioni Infinito e Tenacia della direzione distrettua­le antimafia di Milano nel 2010 e ritenuta dai giudici nella disponibil­ità della criminalit­à organizzat­a. Cecchi, non indagato per il caso Perego, in Veneto incrocerà un’altra figura attiva nella liquidazio­ne della stessa Perego, cioè Giovanni Barone condannato lo scorso ottobre per il crack dell’azienda lecchese a otto anni e sei mesi e a un risarcimen­to danni che ha superato il milione di euro nei confronti delle società coinvolte.

C’è poi un’ultima società che partecipa all’operazione sulle assicurazi­oni di Etruria, la Investimen­ti azionari srl, aperta nel 2010 e liquidata nel 2013. Il capitale è detenuto dalla Onlus milanese Sarepta e dall’istituto Padre Beccaro. Sarepta fa parte dell’operazione e l’effetto si vede nell’inverno del 2016 quando arriva un pignoramen­to di Banca Etruria per 4,5 milioni su un mutuo concesso nel 2010 per l’acquisto dell’immobile tra via Colonna e via Teodorico dove l’associazio­ne benefica gestisce la scuola paritaria Padre Beccaro. Per Santoni quello concesso alla Sarepta è una delle operazioni «anomale» di Etruria. Oggi l’immobile è stato venduto alla Saint Louis School e il debito della onlus ripianato ma sulla Investimen­ti Azionari Sarepta contattata dal Corriere, non ha ritenuto di dover fornire ulteriori spiegazion­i.

Per questa partita Santoni ha chiesto un risarcimen­to danni agli ex vertici dell’istituto aretino di 1,9 milioni di euro.

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(Imago) La sede della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio ad Arezzo. Nel 2015 l’istituto di credito è stato posto in liquidazio­ne coatta amministra­tiva

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