Evaso, si pente Il figlio del boss ora cerca lavoro
Salvatore Stimoli era in Duomo. Fu arrestato per estorsioni
Se è vero com’è vero che Milano accoglie, aiuta e alla fine premia chiunque, purché egli venga qui per faticare, forse a questo giro Salvatore Stimoli ha preteso troppo per comincia da se stesso.
Alle undici della mattina di venerdì, il 36enne di Paternò, in provincia di Catania, camminava per piazza del Duomo. Stimoli, figlio dell’altrettanto malavitoso Vincenzo, ha visto una pattuglia dei carabinieri impegnata nel controllo del sagrato e della Galleria, obiettivi «sensibili» per l’allerta attentati a maggior ragione in questo periodo di feste. Ha avvicinato i militari, si è presentato, ha fornito le proprie generalità e si è «consegnato». Nessuno, in tutta onestà, gliel’aveva chiesto e men che meno lo stava inseguendo, passante perso fra i passanti nell’affollata piazza. Ai carabinieri ha spiegato che non doveva essere lì, in quanto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno proprio a Paternò. Sicché l’hanno arrestato. Ma il dato curioso ancora doveva arrivare. Agli stupiti investigatori che se lo portavano via, Stimoli ha confessato, e in assenza di smentite la sua versione dev’essere presa per buona, che aveva bisogno di soldi. Che aveva lasciato la Sicilia per il Nord. E che una cosa soltanto cercava: un lavoro. Era convinto che presentandosi tra l’altro a ridosso di Natale, magari avrebbe rimediato qualche contrattino, regolare o in nero chi se ne frega.
A sentire Stimoli, era da queste parti da mercoledì ma non è dato sapere se abbia letto annunci sui giornali e su Internet, preso appuntamenti o davvero iniziato un apprendistato. Magari, semplicemente, ha presto capito di non esser nato per sgobbare e ha preferito tornarsene a casa dove, essendo il figlio di uno dei «pezzi grossi» della criminalità, qualcuno che provvede al suo mantenimento, volente o nolente c’è sempre. Figlio e padre erano stati catturati nel 2008 per estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori: gli Stimoli si erano accaniti contro il proprietario di una società di costruzioni che rifiutava di pagare il pizzo; con attentati ai cantieri l’avevano «costretto» a cedere e consegnare i soldi in contanti. Nel 2001, per Salvatore c’era stato un secondo arresto, conseguenza dello spaccio di droga.