L’ultimo inquilino delle case galleggianti
La «tana» di Roberto, 80 anni, è ormeggiata sul Ticino a Pavia. «Le mie giornate lente»
Èl’ultimo uomo che vive in una casa galleggiante sul fiume Ticino a Pavia. Il signor Roberto, 80 anni, abita nella sua houseboat dal 1984. «Per nulla al mondo lascerei questa abitazione. Nella mia tana galleggiante osservo il mutare delle stagioni». Una scelta esistenziale. Moglie, figli e nipoti, infatti, vivono sulla terraferma in normali appartamenti. «Stare sull’acqua mi aiuta a vivere con lentezza».
Il fiume è la sua casa e da lì non se ne andrà mai. Roberto, prossimo agli 80 anni, è l’ultimo uomo del Ticino a vivere in una houseboat ormeggiata alla riva. La casa, tutta legno e vetrate, negli anni 30 si trovava a Milano, in Darsena, ma i bombardamenti tedeschi durante il secondo conflitto mondiale ne avevano distrutto gran parte della cabina: «Sono nato e cresciuto a Milano. Nel 1968 mi sono trasferito a Pavia per lavoro: gestivo un’azienda che produceva bibite. Anni fa ristoranti, botteghe, circolini, volevano quelle bevande; poi con l’avvento dei supermercati le cose sono andate male. Nel tempo libero ho iniziato a frequentare il fiume e la sua gente e mi sono appassionato». Sigaro perennemente acceso e fare autoritario, Roberto ha trovato questa casa galleggiante malconcia e l’ha ristrutturata: prima le pareti, l’impianto idraulico e quello elettrico; poi la cucina, il bagno e la camera da letto. Varcando la piccola porta alla fine della scalinata ci si accorge immediatamente dell’aspetto conviviale: ci sono parecchi tavoli con panche e sedie, una credenza e un bancone: «I primi tempi, oltre che essere la mia dimora era anche la mia trattoria, per questo è arredata così. Ho preparato cene e merende fino al 2005, poi sono andato in pensione e ho cessato l’attività, anche se di caffè e bicchieri di vino ne offro ancora tanti agli amici che si ritrovano qui».
D’estate gli amici di Roberto si rifugiano qui a discutere animatamente tra le canoe colorate appoggiate agli alberi. Ora che le temperature superano di rado lo zero, salgono a bordo e per ore mescolano mazzi di carte attorno alla stufa. Il martedì e il venerdì sera c’è l’appuntamento fisso: scopa d’assi. «Ci sentono urlare persino in centro città quando qualcuno butta una carta sbagliata». Roberto, diventato in questi anni un punto di riferimento per tutti i frequentatori del fiume, è perennemente in allerta; dietro quelle vetrate in cui si specchia l’acqua controlla chi va e chi viene. La zona è al sicuro, e non è cosa da poco considerata la raffica di furti di barche e motori. Chi non rispetta la natura e le regole del vivere civile deve fare i conti con il suo sguardo severo e coloriti rimproveri.
Una vita semplice fatta di concretezza: «Amo il vivere lento ed autentico. Non voglio essere spettatore delle giornate che passano. I ritmi frenetici li lascio ai giovani che però, così facendo, rischiano di non godersi più nulla. Al mattino prendo la mia lancia e vado a far legna in alveo, poi torno, preparo il pranzo e attendo che mia moglie scenda da me. Nel pomeriggio faccio lunghi giri per controllare che tutto sia a posto: i cinghiali e le cornacchie stanno provocando grossi danni qui attorno. Il mercoledì, invece, è dedicato a mio nipote che viene a scroccarmi la colazione e poi si mette a studiare approfittando di questa quiete».
Roberto, all’apparenza schivo e solitario, non è solo: ha una consorte che abita in una casa «vera» di mattoni, porte e finestre; due figli ed un nipote. La sua famiglia lo lascia fare. Cambiarlo sarebbe una partita persa, ormai. «In casa con mia moglie ci sono molte più comodità, ma lo spettacolo dalla mia tana galleggiante è impagabile: vedo il mutare delle stagioni, il paesaggio che cambia forma e colore. E poi non ho intenzione di andarmene proprio adesso: l’acqua, in 33 anni che vivo qui, non è mai stata così limpida».