Via Bezzecca, il Feltrinelli e l’Ambrogino La città di Marchesi tra gusto e passioni
Gualtiero Marchesi è morto ieri nella sua casa milanese dopo lunga malattia. Avrebbe compiuto 88 anni il prossimo 19 marzo. Nato nel 1930, figlio di ristoratori — i genitori gestivano il ristorante dell’albergo «Mercato» in via Bezzecca — è stato il primo in tutto, nel suo campo. Soprattutto, il primo italiano a prendere le tre stelle Michelin, nel 1985.
Marchesi e Milano. Milano e Marchesi. Un legame quasi indissolubile, quello tra la città e lo chef. Che a lungo viaggiò ma alla sua casa rimase profondamente affezionato. «Milano gli deve moltissimo», ha ricordato ieri il sindaco Beppe Sala. «Salutiamo con profonda commozione Gualtiero Marchesi, maestro della cucina e padre della cultura gastronomica italiana. Una lunga carriera e la voglia di non mollare mai». Famoso anche per «la sua volontà di insegnare ai tanti giovani chef che sono passati dai suoi ristoranti».
Nacque in via Bezzecca 24, Marchesi. E da quella zona della città, dietro piazza Cinque Giornate, si spostò poco nel corso degli anni. L’infanzia la passò vicino al Mercato Ortofrutticolo, dove i genitori possedevano un piccolo albergo. Studiò all’istituto Feltrinelli per diventare perito meccanico. Ma fu bocciato. E questa fu la sua fortuna. A 17 anni andò in Svizzera a lavorare in un albergo come apprendista di sala. E lì capì che cosa voleva fare da grande. Rientrato a Milano, rivoluzionò il ristorante dei genitori. Da quel momento, e dopo un altro viaggio, in Francia, fu un successo dopo l’altro. In via Bonvesin de la Riva 5, stessa zona, — «dove ebbi la più bella clientela del mondo», disse lui più volte — aprì il ristorante che fece la storia della cucina. Qui — dove oggi ha sede l’Accademia Gualtiero Marchesi, che inaugurò il 18 giugno 2014 — ottenne, primo in Italia, la consacrazione delle tanto agognate tre stelle Michelin. Tanto che nello stesso anno, il 1986, ottenne l’Ambrogino d’Oro, la più alta attestazione di stima di Milano. Premio a cui seguì nel 2015 il Sigillo della Città, conferito dall’allora sindaco Giuliano Pisapia, «per il suo ruolo di artefice e fondatore della nuova cucina italiana e per il suo straordinario impegno creativo a favore della migliore tradizione gastronomica milanese e lombarda». E nella sua casa di via Marcona, poco distante da dove nacque, si è spento ieri per un arresto cardiaco, circondato dalle figlie Simona e Paola e dai nipoti.
Altri luoghi a lui cari furono il Castello, dove nel 2010 fu allestita una mostra su di lui, piazza della Scala e il teatro. Dove nel 2008, dopo la parentesi in Franciacorta, aprì il «Marchesino». Il coronamento di un sogno. «La Scala era il suo mito — raccontano oggi dalla famiglia —, come era quello dei suoi genitori». Tanto è vero che proprio dentro il teatro riuscì a festeggiare i suoi 80 anni, circondato dagli allievi più cari. Quelli che studiarono da lui e a Milano riuscirono a rimanere con i propri ristoranti. Cracco, che ieri ha twittato: «Ciao Maestro. E grazie». E poi Davide Oldani, Andrea Berton, Pietro Leemann, Ernst Knam. E sempre lì ancora oggi si prepara uno dei suoi piatti più famosi, rivisitazione di un classico della cucina milanese. Il riso oro e zafferano. Inventato nel 1981, piatto ardito ma riuscitissimo, decorato con una foglia d’oro edibile. «Mi sembrava una trovata — disse una volta
lo chef — e ho voluto, come tutti i miei piatti, che rimanesse un pezzo unico, perciò non ho proposto altre pietanze all’oro».
E in città già ieri sera in tantissimi hanno ricordato lo chef. «La scomparsa di Gualtiero Marchesi lascia un grande vuoto nel mondo della cucina italiana conosciuta nel mondo — ha detto Carlo Sangalli, presidente Confcommercio —. Ma Marchesi non era solo uno dei più grandi chef a livello internazionale, era un vero maestro capace di trasmettere alle giovani generazioni la sua arte straordinaria. E questa è una qualità molto rara in una professione naturalmente individualista. Molti grandi cuochi che oggi sono protagonisti della migliore cucina italiana sono il frutto della generosità e della visione di Marchesi. E sono la sua più importante eredità». Il presidente della Regione, Roberto Maroni, ha invece scritto sul suo profilo Facebook: «Addio Gualtiero, maestro impareggiabile di bravura e di stile. Hai saputo portare la cucina italiana su cime inesplorate senza mai perdere le radici della tua Milano. La Lombardia e l’Italia ti sono riconoscenti per sempre. RIP». Quella Lombardia amata che un paio d’anni fa, del resto, fu protagonista di uno degli ultimi progetti di Marchesi: un viaggio, «Sapore in Lombardia», realizzato con il Pirellone, per raccontare gli itinerari del gusto. Partenza? Da Milano, ovviamente. Passando poi per Bergamo, la Franciacorta, la Valtellina, il Garda, la Brianza, Pavia (la terra dei genitori, nati a San Zenone al Po, dove oggi riposa la moglie Antonietta e dove sarà sepolto anche lo stesso Marchesi dopo i funerali che si terranno probabilmente venerdì a Milano), il lago di Como, Cremona, Mantova e infine Varese. La città dove Marchesi decise di aprire una casa di riposo per cuochi. Negli ultimi mesi, già malato, riuscì a trovare un partner per realizzarla, la Fondazione Molina. La casa inaugurerà nel 2018, lui non la vedrà pronta. Ma non poteva che essere qui, in Lombardia. Vicino alla sua Milano.