Parisi, sfida ecologista «Sala è senza strategia»
Il centrista: giunta senza un piano di incentivi
«S ono anni che ci prendiamo in giro. Sette anni di fila in cui le politiche ambientali sono concepite in modo ideologico. E così, siamo ancora alle biciclette e allo stop alle auto». Stefano Parisi non sopporta più che Milano resti «sempre in zona di massimo allarme sull’ambiente». Ma al fondatore di Energie per l’Italia, e consigliere in Comune, non piacciono affatto neanche le ipotesi che si stanno delineando per mettere al sicuro il bilancio comunale: dalle privatizzazioni all’aumento dei biglietti del trasporto pubblico. Perché parla di politiche ideologiche?
«Perché, come dovrebbe essere ovvio, il problema delle polveri sottili non si risolve bloccando le automobili, ma con un piano all’altezza delle ambizioni. Obiettivi: zero polveri entro dieci anni. Pechino, una delle città più inquinate al mondo, si è posta la meta di diventare una delle più pulite. Da noi, occorrerebbe un piano di rigenerazione urbana che invece non si vede». Quali dovrebbero essere i pilastri del piano?
«Obiettivi molto precisi per aumentare le auto elettriche e definitiva eliminazione dei mezzi inquinanti da qui a 20 anni. Un piano con incentivi che devono essere fiscali, volumetrici e finanziari per migliorare la classe energetica del patrimonio immobiliare». Per esempio?
«Sconti sulla bolletta energetica per chi effettua interventi sulle case. Riduzione dell’Imu per chi migliora gli edifici e premi volumetrici per chi abbatte e ricostruisce alla massima classe energetica. E invece, siamo ancora a parlare di bici, isole pedonali o, peggio, di scopertura dei Navigli. Con la paura di essere accusati di essere cementificatori. Ma la green economy è sviluppo non conservazione. E allora, continuiamo a sperare nella pioggia...». In Comune si ragiona anche dell’aumento del biglietto
per i mezzi pubblici.
«E infatti. Invece di migliorare la fluidità del traffico e rendere più appetibile il trasporto pubblico, si pensa ai bilanci. Si aumentino, piuttosto, le frequenze dei mezzi: aumenterebbe la quantità dei biglietti staccati senza bisogno di aumentarne il prezzo». Sul bilancio comunale pesano però incertezze che sarebbe
rischioso ignorare.
«Il punto è il taglio della spesa. Non è che si può vendere il patrimonio pubblico per finanziare la spesa corrente. Io sono convinto che le quote in A2a si potrebbero vendere tutte e subito. Quelle in Sea, meno: il momento per il trasporto aereo è troppo incerto. Ma il punto è che i beni di famiglia li vendi per realizzare progetti e investimenti. Ma qui di piani non ce ne sono: tagli alla spesa non se ne vedono, la macchina comunale è la solita, la digitalizzazione resta quella che era».