Due Ferrari (in miniatura) per i 100 anni di don Silvio
Missionario e sacerdote, il regalo dei parrocchiani al prete di Turro. «Ho i motori nel cuore»
Non una, ma due Ferrari. In miniatura, certo, ma quando gliele porgono lui non sa trattenere uno di quei sorrisi fanciulleschi che solo gli anziani sanno regalare. Eppure siamo in chiesa, all’offertorio ai piedi dell’altare, durante una messa, e lui è un prete, anzi un missionario che ha combattuto la miseria in mondi — a quei tempi — lontani e sconosciuti. Ma quando vede un Cavallino rampante, don Silvio Tronconi non sa resistere, e poi oggi è il suo compleanno. Il centesimo.
Nonostante il calendario e la pioggia gelida su Milano, nella chiesa di San Domenico Savio, sulla riva della Martesana, c’è tanta gente. In calendario c’è la messa e una festicciola in onore del traguardo anagrafico di don Silvio, che da tempo si è ritirato qui, assistito dalla perpetua Barbara (86 anni compiuti a sua volta proprio oggi) e dall’amico don Gianni, salesiano come lui, di vent’anni più giovane.
Don Silvio presiede la messa, attorniato da sette concelebranti. L’udito non collabora più, ma la liturgia la governa ancora. I molti, tra Turro e Sesto San Giovanni hanno ricordi legati a lui, ma la sua storia — che oggi riecheggia in mille aneddoti — porta così lontano che persino cent’anni sembrano pochi per contenerla tutta. Nasce a Monza, il padre lavora all’autodromo gli trasmette la passione per il rombo dei motori Ferrari. Tre sorelle diventano suore di clausura e anche lui, negli anni Trenta, segue la vocazione e parte per l’India. Entra in seminario dai salesiani, ma quando scoppia la seconda guerra mondiale si ritrova italiano, quindi nemico, in territorio britannico, e finisce in un campo di prigionia. Continua però a studiare e — nel 1945 — ancora prigioniero — viene ordinato sacerdote.
Dopo la guerra opera come missionario di Don Bosco tra India e Bangladesh. Ma negli anni Cinquanta la sua salute vacilla e viene rimpatriato. Nessuno, allora, poteva immaginare che sarebbe arrivato a un secolo di vita senza conoscere farmaci, salvo mezza pastiglia per la pressione. E fino a pochi anni fa ha continuato a spendersi, giocando con i bambini e portando la comunione agli ammalati di diverse parrocchie. Con un’unica, grande e mai celata debolezza: la Rossa di Maranello. Ancora adesso, quando c’è la Formula 1, don Silvio si piazza davanti alla Tv.
«Un secolo è trascorso da quando i miei occhi hanno visto la luce, opera magnifica di Dio — dice salutando i parrocchiani — pregate perché il mio prossimo incontro con Lui sia di misericordia».
Il discorso Un intero secolo è trascorso da quando i miei occhi hanno visto la luce, opera magnifica di Dio