Verdi, ultime prove Mobilitazione web di cittadini e attori per il palco dell’Isola
I gestori del palco all’Isola: costi alti. Petizione online
Fine corsa per il teatro Verdi. Il 31 dicembre termina il cartellone dello stabile in via Pastrengo, all’Isola. Dal 2018 non ci sarà più programmazione e personale fisso ma spettacoli a singhiozzo. Sul web circola un appello di esercenti e abitanti per salvarlo. Mentre l’Olmetto, chiuso dal 2009, cerca potenziali interessati a rilevarlo.
Mimma Castoldi La scena è vuota dal 2009 Mi piange il cuore ogni volta che entro in platea, ma spero nel rilancio
Il messaggio sul web Servono un direttore artistico, una visione di lungo periodo e un palinsesto completo
Il 31 dicembre finisce la programmazione artistica del teatro Verdi, attivo e vivace da più di quarant’anni in via Pastrengo, quartiere Isola. Dal 2018 non ci saranno più un cartellone definito e personale fisso ma spettacoli a singhiozzo, mentre lo spazio sarà lasciato libero più spesso per gli eventi o compagnie esterne che lo volessero in subaffitto. A ridosso della scadenza, sul web circola allora un accorato appello: esercenti e abitanti dell’Isola, insieme ad artisti come Rita Pelusio e Alessandra Faiella, chiedono alla cooperativa Teatro del Buratto, ora concentrata sulla nuova grande sede di piazzale Maciachini, di preservare il destino del Verdi nel segno della continuità. «Ci vuole un direttore artistico, una visione di lungo periodo, un palinsesto completo. Negli ultimi due anni abbiamo assistito al rilancio di un polo culturale che ha trovato linfa nuova ed originale: un piccolo miracolo che ora rischia di disperdersi — scrivono —. Le istituzioni dovrebbero farsi carico del problema, se nessun altro se ne assume la responsabilità». Silvio Oggioni, portavoce per il Teatro del Buratto, mette le mani avanti: «Non chiuderemo il Verdi, che per noi ha un valore affettivo, né lo destineremo soltanto a eventi occasionali. Ma non potevamo più sostenere i costi, decine di migliaia di euro l’anno tra affitto dello spazio e personale — spiega —. Con i biglietti non rientravamo, abbiamo dovuto cambiare strategia. Anche perché la sede di Maciachini richiede investimenti consistenti e in parte non previsti, ad esempio abbiamo dovuto rifare tutto l’impianto audio».
Entro fine gennaio il Buratto, che in via Pastrengo è in affitto, presenterà al Ministero il piano triennale delle sue attività: «Capiremo quante sovvenzioni abbiamo e come organizzarci», dice Oggioni. Resteranno ad esempio i concerti, le Verdi Suite. Ma il resto? «Mi avevano chiamato due anni fa per rilanciare la sala, è stata una esperienza entusiasmante. Il quartiere ha voglia e bisogno di progettualità culturale», commenta il direttore artistico Andrea Lisca che chiude la sua esperienza tra pochi giorni. «Gli esercizi della zona temono di perdere un indotto fondamentale», aggiungono i titolari del Wine bar Pastrengo.
Nel 2009 la chiusura — dopo mezzo secolo di storia — toccò, in pieno centro, al teatro Olmetto, dove provò anche Strehler. «Aveva cominciato come teatro di parrocchia, aveva ospitato l’amatoriale serio di Milano e diverse compagnie professioniste. Negli ultimi anni poi aveva avuto cento spettatori di media ogni sera (su 190 disponibili), con un aumento del 70 per cento del pubblico di giovani e donne. E nonostante questo economicamente non si reggeva in piedi», ricorda padre Stefano Gorla dell’ordine dei Barnabiti proprietari dello spazio, che stanno cercando potenziali interessati a gestirlo o rilevarlo. Il problema è che per rendere a norma lo spazio, ci vorrebbero non meno di 200 mila euro di ristrutturazione. Oggi a custodire le chiavi è Mimma Castoldi, vedova di Luigi, che era sarto di lavoro ma diresse il teatro per più di quarant’anni. «Mi piange il cuore ogni volta che entro in questo luogo e mi avvicino al palco — dice l’ottantenne signora —. Mi piacerebbe così tanto che riprendesse vita».