Sem, il ritorno sempre sognato nella sua Africa
Sem è tornato nella sua Africa. Dopo un’odissea burocratica durata oltre due mesi, El Gharbi Hassen, 51 anni, il clochard senza documenti, di origini marocchine, ricoverato all’ospedale San Gerardo di Monza è andato a finire i suoi giorni in Africa. Afflitto da una mezza dozzina di patologie croniche contratte in anni di vita randagia, aveva espresso ai volontari della Croce rossa un desiderio: andare a morire in Tunisia dove vive il fratello, Alì El Gharbi. Mira Riva, la responsabile dell’unità infermieristica da strada della Croce rossa di Monza, pochi giorni prima di Natale è riuscita a portare a termine la missione fra mille ostacoli. Sem era arrivato in Italia nel 1986 alla ricerca di una vita migliore. Per un po’ aveva fatto il piastrellista, ma quando la ditta per la quale lavorava fallì, per lui cominciarono i guai: i lavori in nero, i soldi che non bastano mai, lo sfratto e, infine, una baracca fatta di cartoni e stracci sotto un ponte nella periferia Sud di Monza. Ma dopo quasi dieci anni di vita da clochard Sem si è ammalato gravemente e durante l’ultimo ricovero ha espresso la volontà di tornare in Africa. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi dal momento che Sem era senza documenti. «Organizzare il volo di rientro non è stato facile — spiega Mira Riva —. Purtroppo Sem non aveva una carta d’identità e per potergli far avere un passaporto è stato necessario superare diversi problemi». Telefonate, moduli da compilare, colloqui col consolato marocchino e rilievi dattiloscopici. Alla fine però Mira Riva ce l’ha fatta. Il passaporto è arrivato e un minuto dopo la Croce rossa si è attivata per prenotare un volo da Malpensa a Tunisi. Odissea finita? Assolutamente no, dal momento che Mira Riva e Sem sono stati bloccati dal personale dell’aeroporto per oltre tre ore. «Sostenevano che i documenti fossero falsi — spiega la volontaria della Cri —. Ci hanno fatto aspettare per ore in uno stanzino e ho anche rischiato di perdere il volo di rientro. Alla fine il problema è stato superato grazie all’intervento del datore di lavoro del fratello di Sem».