Corriere della Sera (Milano)

Tabacci: spaccatura illogica, così non si corre ad armi pari

- Pierpaolo Lio

«Già la partita lombarda per il centrosini­stra sarà difficile, ma non riuscire nemmeno a giocarla ad armi pari è un grosso limite». Bruno Tabacci, deputato di lungo corso, presidente lombardo di fine anni ‘80 e più di recente assessore del Comune di Milano, al fianco di Giuliano Pisapia è stato protagonis­ta del vano tentativo di ricucire le varie anime della sinistra a livello nazionale.

Oggi quelle divisioni rischiano di minare la corsa di Giorgio Gori. Cosa ne pensa di quanto sta avvenendo in questi giorni tra Pd e Liberi e Uguali? «È davvero incomprens­ibile. Se l’ostilità di LeU a livello nazionale è dettata da una logica anti-Renzi, a livello lombardo non riesco a capire il motivo — che non sia una questione quasi di puntiglio — per non convergere su Gori. Servirebbe invece un grande centrosini­stra di governo per creare le condizioni per respingere una destra che oggi con Salvini appare ancora più ruvida. Certo, anche il Pd dovrebbe fare qualcosa di più di generici richiami all’unità: dovrebbe dimostrare una reale volontà di cambiare pagina».

Stupito dalla rinuncia alla ricandidat­ura da parte di Roberto Maroni?

«Quello di Maroni è stato di sicuro un colpo di scena. Con lui probabilme­nte il centrodest­ra si sarebbe riconferma­to alla guida del Pirellone senza troppi problemi».

Secondo lei un nuovo candidato come Attilio Fontana, che rispetto al governator­e uscente è poco conosciuto, può davvero riaprire la partita?

«Non so se la riapre. Di certo riduce la forbice. Ma penso che determinan­te sarà l’abbinament­o con il voto nazionale che sarà trainante su quello locale. E oggi la coalizione di centrodest­ra sembra avere più chance. Senza election day sarebbe stato diverso».

E per il M5S potrebbe essere la volta buona per sfondare da queste parti?

«Guardi, anche a loro gioverà la prevalenza del voto nazionale, ma non prevedo un loro exploit, come invece registrera­nno altrove. Raccoglier­anno il voto di protesta, ma non potranno essere determinan­ti».

Ma dopo 25 anni di governo ininterrot­to, la Lombardia è geneticame­nte di centrodest­ra?

«Assolutame­nte no. È solo una regione con il baricentro spostato sul “fare”, per cui quando la sinistra si ideologizz­a troppo fatica a trovare qui un suo spazio. Forse il momento magico fu dopo la vittoria di Pisapia, ma si scelse una soluzione troppo “Milanocent­rica” senza capire che la partita vera si gioca nelle valli e in pianura, lontano dalle grandi città».

L’affondo sugli alleati

Ma anche i dem devono fare di più rispetto a generici richiami all’unità della coalizione

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