Manager morto Si cerca la trans che ha affittato l’appartamento
Viale Monza
Continuano le ricerche della transessuale colombiana che aveva in affitto la casa in cui, nella tarda mattinata di due giorni fa, è stato trovato il cadavere del manager Enrico Maccari, 55 anni, scomparso dalla sera dello scorso Natale. L’autopsia è in programma per oggi e i poliziotti della Squadra mobile attendono di capire se confermerà l’esito del primo esame fatto dal medico legale, secondo il quale l’uomo sarebbe morto per un malore (se dovessero esserci al contrario indicazioni diverse, lo scenario cambierebbe). In questo quadro, la ricerca della trans che aveva in affitto l’appartamento di via Fratelli Pozzi, proprio all’incrocio con viale Monza, ha dunque l’obiettivo di rintracciare l’unica persona che sa cosa sia accaduto all’interno della casa. Dopo un lungo sopralluogo, i poliziotti ritengono che all’interno della casa non ci fosse nessun altro, o almeno non ci sono segnali che lasciano presumere la presenza di altre persone. Nella stanza dove era il cadavere sono stati trovati i vestiti, il portafogli e tutti i soldi del manager (che aveva da poco cambiato lavoro, passando a un’azienda farmaceutica di Bellinzona). Non c’è stata dunque una rapina. L’ipotesi più plausibile resta dunque quella che, al momento del malore di Maccari, la trans si sia spaventata e per timore di avere problemi con la giustizia sia scappata da Milano, dopo aver chiuso tutte le finestre della casa e aver coperto il cadavere a terra con alcune lenzuola. In questo quadro, la trans potrebbe essere accusata di omissione di soccorso o occultamento di cadavere. Con l’autopsia verranno fatti anche gli esami tossicologici, che potrebbero rivelare se l’uomo abbia assunto o meno sostanze pericolose per la sua salute o che ne abbiano in qualche modo provocato la morte. È presumibile che il manager sia arrivato a Milano nella serata del 25 dicembre; la sua Mercedes aziendale è stata localizzata in via Fratelli Pozzi quattro giorni dopo, il 29. All’interno c’erano i due computer che l’uomo portava con sé e le sue medicine, che doveva assumere ogni giorno. Il fatto che le abbia lasciate in auto lascia presumere che dopo qualche ora, questa era la sua intenzione, avrebbe ripreso la macchina per tornare in Svizzera, nella casa in cui si era trasferito dopo aver cambiato lavoro.