Fontana, acqua sul fuoco leghista Rosati: no al Pd
L’esordio del candidato. Stallo a sinistra
Attilio Fontana, candidato governatore del centrodestra alle Regionali dopo il forfait di Roberto Maroni, ha lanciato la campagna elettorale ieri al palazzo delle Stelline. È il giorno dell’entusiasmo, ma anche delle parole pesanti in casa leghista, dove tra il governatore uscente e il segretario Matteo Salvini (e relativi sostenitori) la tensione è altissima. Nel centrosinistra la situazione è in stallo: LeU oggi ratificherà il proprio candidato, Onorio Rosati, senza raccogliere l’appello all’unità giunto dal Pd e Giorgio Gori.
Èil giorno dell’unità del centrodestra lombardo intorno ad Attilio Fontana e dell’entusiasmo per il lancio della campagna elettorale. Ma è anche il giorno delle parole pesanti, al limite dello strappo, che scuotono il mondo leghista.
Al Palazzo delle Stelline, per la presentazione ufficiale dell’ex sindaco di Varese, scelto per succedere a Roberto Maroni, il colpo d’occhio non lascia spazio a dubbi: la coalizione è compatta. Sotto lo slogan «Al lavoro!Più Lombardia. Fontana presidente», scritto in blu e verde, siedono i responsabili regionali di tutti i partiti che appoggiano l’ex sindaco di Varese: Mariastella Gelmini (Forza Italia), Paolo Grimoldi (Lega Nord), Alessandro Colucci (Noi con l’Italia), Alberto Cavalli (Energie per l’Italia), Paola Frassinetti (FdI) e Elisabetta Fatuzzo (Partito Pensionati). E arriva anche il sostegno di Gianfranco Rotondi (Rivoluzione Cristiana) e Benedetto Tusa del Movimento nazionale per la sovranità di Alemanno. «Oltre ai partiti ci sarà una lista civica che mi sosterrà, rivolta a persone che non hanno un orientamento di partito — spiega Fontana —; l’idea è di farla guidare dal professore Stefano Bruno Galli e di partire da quella già esistente Maroni presidente: tecnicamente si può fare. Se non sarà possibile, raccoglieremo le firme». Pericolo scongiurato: la lista civica sarà esonerata dall’incombenza delle 10mila sottoscrizioni. Ieri l’ufficio di presidenza del Pirellone ha deciso di accettare le modifica di parte delle denominazioni originarie dei gruppi consiliari formati in aula: «Maroni presidente» potrà quindi essere trasformato in «Fontana presidente». Niente firme nemmeno per «Energie per l’Italia», il movimento di Stefano Parisi. Lo «scippo» di consiglieri da parte di Forza Italia è arrivato fuori tempo massimo.
Già nella mattinata, però, in casa Lega è esplosa la bomba Maroni, dopo che il governatore uscente — in un’intervista pubblicata da Il Foglio — ha definito «stalinista» Matteo Salvini. E a breve distanza, via Facebook, arriva il secondo colpo: l’assessore regionale Gianni Fava, riferimento della minoranza interna dopo aver raccolto il 20 per cento dei voti nella corsa alla segreteria, racconta di una telefonata da parte di «un’addetta stampa del Senato che dice di essere la portavoce del segretario federale» con la quale è stato invitato a rinunciare un dibattito sull’autonomia a
Tgcom24. «Ne prendo atto e credo di essere costretto a chiedere chiarimenti — scrive Fava —. Non è certo la pri-
Il candidato
L’idea è di far guidare la lista del presidente dal professore Stefano Bruno Galli
Fava
Matteo sta giocando la partita della vita: avrebbe bisogno di includere non di escludere
Romeo
Tutti stiamo giocando una sfida cruciale Le parole di Fava con Bossi valevano l’espulsione
La nuova squadra Oltre che dai partiti l’ex sindaco di Varese sarà sostenuto da una sua lista civica
ma volta che succede, anzi purtroppo il boicottaggio è sistematico». Più tardi, al telefono, tiene a sottolineare: «Questa vicenda è del tutto slegata da quella di Maroni, io mi impegnerò a fare campagna per la Lega a prescindere da come saranno composte le liste. Da parte mia non ci saranno conseguenze, anche se ho sentito alcuni giovani militanti che la pensano diversamente». Ma poi lancia un messaggio al leader: «Salvini sta giocando la partita della vita, avrebbe bisogno di includere il più possibile, non di escludere, altrimenti rischia di fare la fine di Renzi».
Il segretario della Lega, tuttavia, può contare su una solidissima base. La linea, nonostante tutto, è quella di «lasciar le polemiche a chi le vuole fare, noi lavoriamo per Fontana presidente». Più di un dirigente preferisce tacere, ma il capogruppo al Pirellone, Massimiliano Romeo, fotografa così la situazione: «Conosco bene Maroni e Salvini e devo ammettere di essere rimasto davvero sorpreso dalle parole del presidente. Credo che, alla vigilia di una grande occasione, dovremmo tutti quanti mostrare riconoscenza: ne dobbiamo a Maroni perché ha praticamente salvato la Lega dopo lo scandalo Belsito, ma ne dobbiamo tanta anche a Salvini che ha raccolto un movimento ridotto ai minimi termini e lo ha rilanciato come non mai, andando in giro senza sosta».
I leghisti hanno ben chiara la posta in palio: «La partita della vita non la gioca soltanto Salvini, ma ce la giochiamo tutti — sottolinea Romeo — perché abbiamo visto qui in Lombardia cosa significa, dal punto dei vista dei risultati, avere la Lega come partito di riferimento della coalizione. Un esempio per tutti: la legge sulle moschee. Se fossimo stati meno forti in Consiglio non so se ce l’avremmo fatta». E la minoranza interna? «La dialettica è sacrosanta, ma esistono della regole, dev’esserci rispetto da parte di tutti: Fava ha usato per Salvini parole che ai tempi di Bossi segretario significavano espulsione immediata».