SUL MEAZZA LO SCHEMA È PERDENTE
Il termine tecnico, nel calcio, è: scarsa capacità di realizzazione. Ovvero la difficoltà a finalizzare in gol il lavoro svolto dalla squadra. È la sindrome che affligge anche i soggetti che da tempo si arrovellano, e talvolta accapigliano, attorno allo stadio di San Siro, glorioso quanto obsoleto. Il Milan era pronto a staccare le proprie targhe a ricordo dei trofei vinti e trasferirle in un impianto nuovo di zecca, ultima suggestione il Portello. Salvo ripensarci e rinunciare al progetto, ma non del tutto allo stadio di proprietà. Intanto si è sfilato dalla società che gestisce San Siro lasciando sola l’Inter, la quale non ha potuto che sfilarsi a sua volta, in attesa di sapere se resterà unica interlocutrice del Comune e, soprattutto, se potrà attuare il restyling dell’impianto. L’ambizione è quella di acquisire il Meazza e giocarci da sola. Non sta a guardare il Comune, che da padrone di casa sollecita i due club a pagare e chiarire, pure in fretta, le loro strategie. Un pressing asfissiante, in particolare sul «movimentista» Milan. Intanto San Siro resta com’è: poco funzionale, zoppo, con una redditualità ridotta. Ma la Milano sportiva, e quella economica, turistica, sociale, stilistica hanno bisogno che il vecchio Meazza diventi ammaliante e produca utili. Non c’è che un modo, come nel calcio: occorre cambiare schema. Milan, Inter e Comune abbandonino l’inconcludente 1-1-1 e si dispongano in campo con l’1 per tutti. Palla al centro, vittoria certa.