Rosati respinge il Pd: non vedo margini per riaprire il dialogo
La grana lombarda agita Liberi e Uguali. Che sull’atteggiamento da riservare a Giorgio Gori nella sua corsa a Palazzo Lombardia si divide in mille rivoli: non solo riemergono le diverse anime che compongono il movimento di Pietro Grasso (da una parte Mdp, dall’altra Sinistra Italiana e Possibile), ma spunta fuori anche uno scollamento tra i vertici nazionali e la base regionale. Alla fine, nonostante le tante voci discordi di ieri, una cosa sembra ormai certa: l’assemblea oggi a Cinisello Balsamo indicherà come portabandiera Onorio Rosati. Con buona pace (almeno per ora) della pioggia d’appelli.
Il dibattito s’accende fin dal mattino. Alle aperture di due «big» come gli Mdp Pierluigi Bersani ed Enrico Rossi (che spiegano di essere al lavoro su una possibile unità in Lazio e Lombardia) e di un gruppo di dirigenti Cgil, replicano secchi da SI e Possibile: niente da fare, strada sbarrata al sindaco di Bergamo. «Gli appelli non bastano — taglia corto Nicola Fratoianni — il giudizio è politico». Per Pippo Civati poi «è molto tardi» per ogni intesa. Il presidente del Senato prova a mediare: «Abbiamo concordato di ascoltare le indicazioni del territorio, poi prenderemo una decisione». Da parte sua Gori non s’arrende. E insieme al Pd prosegue il pressing alla sua sinistra. Così quando Grasso, ospite in tv, si lascia sfuggire un «fosse per me avrei già deciso», non ha dubbi: «Io lo interpreto così: se fosse per lui sarebbe un sì».
La parola passa alla base. Proprio i militanti sembrano però quelli più contrari a sostenere il candidato pd. Lo scrive Possibile Milano ai «dirigenti nazionali indecisi» e lo ribadisce Tino Magni, coordinatore lombardo di SI: «Il nostro pensiero è lo stesso di ieri, e domani (oggi, ndr) voteremo un nostro candidato». Anche per Onorio Rosati «non ci sono margini per riaprire la discussione. Non ci sono divisioni e ora si arriva alla sintesi di questo percorso che non può certo essere scompaginato da una dichiarazione fatta il giorno prima». Le intenzioni sono chiare: oggi LeU deciderà di andare sola, lancerà la campagna di raccolta firme per presentarsi alle Regionali e incoroneranno proprio Rosati (dopo l’indisponibilità di Cecilia Strada, sondata nei giorni scorsi) come sfidante di Gori. Nelle ultime ore si annuncia comunque un extra lavoro per le diplomazie. Non manca chi ipotizza una parziale via d’uscita: una decisione nazionale di bersaniani e compagni di concentrare le energie nella partita delle Politiche, ritirando il simbolo dalla corsa in Lombardia (e forse anche in Lazio). Forse alla luce di questa opzione, «Lombardia progressista—Sinistra per Gori» spiega di lavorare a «una lista aperta a tutti coloro pensano sia necessario avere nella coalizione una forte componente progressista e di sinistra. Lo facciamo — scrivono gli arancioni — con la determinazione di chi non pensa che bastino appelli al voto utile o al “tutti insieme contro le destre e i populismi”». Dopo l’ultimo appello di Gori, Bersani in serata ha però confermato l’orientamento al no, criticando lo slogan («Fare, meglio») del centrosinistra. «Decideranno comunque i nostri delegati».
La frantumazione si riflette in un moltiplicarsi dei candidati. A sinistra di LeU ci sarà anche Massimo Gatti, scelto da Sinistra per la Lombardia. Ex consigliere provinciale di Milano, prima per i Ds e poi per Sinistra Democratica, nel 2009 con «un’Altra Provincia» sfidò Filippo Penati e Guido Podestà nella corsa per Palazzo Isimbardi.