Corriere della Sera (Milano)

Il «Capodanno» viennese infiamma il dibattito su Milano e Radetzky

- di Giangiacom­o Schiavi

Il Risorgimen­to a Milano ha riaperto una ferita o se si vuole un ricordo con Strauss e la marcia di Radetzky alla Scala. Difficile trovare una sintesi condivisa tra chi sostiene la tesi del cattivo gusto e chi invece sorvola (con la musica) sui fatti di centosetta­nt’anni fa. Le Cinque giornate in cui Milano (dal 18 al 22 marzo 1848) si ribella agli austriaci restano gloriose, ma sulla figura del maresciall­o Radetzky le opinioni divergono: meglio l’ottantenne proconsole dell’ imperatore d’Austria o il regno piemontese che lascia il ricordo delle cannonate sulla folla di Bava Beccaris? Per me non c’è gara, ho scritto, tra i libertari Verdi e Cattaneo e il baffuto Radetzky. La breve stagione insurrezio­nale, quattro mesi appena, finisce con l’esilio di migliaia di patrioti e la verga di nocciolo dei caporali austriaci che sferza uomini e donne accusati di aver deriso la bandiera austriaca e con la fucilazion­e di Amatore Sciesa, il tappezzier­e trovato in possesso di un manifesto rivoluzion­ario. È lui, quello che evita di fare la spia e ci lascia l’eroico Tiremm innanz. La storia è una cosa, la musica è altro. Ma questo tocca alla Scala dirlo.

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Opera d’arte Le Cinque giornate di Milano viste dall’artista Ernesto Treccani (1920-2009) in un’opera del 1955

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