Il «Capodanno» viennese infiamma il dibattito su Milano e Radetzky
Il Risorgimento a Milano ha riaperto una ferita o se si vuole un ricordo con Strauss e la marcia di Radetzky alla Scala. Difficile trovare una sintesi condivisa tra chi sostiene la tesi del cattivo gusto e chi invece sorvola (con la musica) sui fatti di centosettant’anni fa. Le Cinque giornate in cui Milano (dal 18 al 22 marzo 1848) si ribella agli austriaci restano gloriose, ma sulla figura del maresciallo Radetzky le opinioni divergono: meglio l’ottantenne proconsole dell’ imperatore d’Austria o il regno piemontese che lascia il ricordo delle cannonate sulla folla di Bava Beccaris? Per me non c’è gara, ho scritto, tra i libertari Verdi e Cattaneo e il baffuto Radetzky. La breve stagione insurrezionale, quattro mesi appena, finisce con l’esilio di migliaia di patrioti e la verga di nocciolo dei caporali austriaci che sferza uomini e donne accusati di aver deriso la bandiera austriaca e con la fucilazione di Amatore Sciesa, il tappezziere trovato in possesso di un manifesto rivoluzionario. È lui, quello che evita di fare la spia e ci lascia l’eroico Tiremm innanz. La storia è una cosa, la musica è altro. Ma questo tocca alla Scala dirlo.