«Non chiamatelo Kebab rock»
L’irresistibile ascesa di Omar Souleyman, ex musicista di matrimoni «C’è voluta l’elettronica e l’intuizione di un produttore come Hebden»
Da musicista per i matrimoni in Medioriente a divo di un genere globale che unisce sonorità arabe e ritmi elettronici. A 52 anni Omar Souleyman, stasera in concerto al Circolo Magnolia, è corteggiato da produttori di musica world e al tempo stesso da dj internazionali. Un lungo viaggio, quello che ha compiuto dalla sua martoriata Siria fino a festival importanti come Glastonbury in Inghilterra, stringendo amicizia con Björk che l’ha invitato in studio per incidere alcune parti vocali per il suo disco «Biophilia» del 2011. La consacrazione è arrivata con il suo concerto ad Oslo, in occasione della consegna del Nobel per la pace nel 2013. Lo raggiungiamo prima del suo concerto al Circolo Magnolia, dove interpreterà la sua musica con uno stile da anti-performer (in abiti tradizionali, kefiah ed occhiali scuri).
Quando si è esibito per la prima volta davanti al pubblico occidentale?
«Il primo concerto è stato in Inghilterra e poi hanno richiesto mie esibizioni in altri Paesi, America compresa».
Qual è la principale differenza fra le canzoni da matrimoni e la musica che suona in Occidente?
«Non c’è assolutamente differenza, è la stessa musica. Cambia il contesto: invece di una sala dove si festeggia l’unione fra due persone, qui canto in un rock club». Qual è il tema che ricorre più spesso quando decide di
scrivere un nuovo brano?
«Sono due: l’amore e la nostalgia per il mio Paese come canto nel mio ultimo disco “To Syria, with Love”».
Il suo successo al di fuori della Siria è arrivato con un’operazione simile a quella del Buena Vista Social Club, ma tagliata su misura per lei, con il produttore di elettronica Kieran Hebden
(collettivo Four Tet) che ha deciso di rinnovare il suo stile tradizionale, il Dabke, diffuso nel nord della Siria.
«Kieran è il principale artefice del mio successo, è riuscito a rendere internazionale un cantate arabo che aveva alle spalle 500 dischi registrati ma di cui nessuno si era accorto al di fuori del mio Paese». E le reazioni del pubblico?
«Ovunque suoni la gente balla e sembra felice, questo accade davvero in ogni angolo del mondo; inoltre parlare di amore e amicizia risulta sempre gradito».
Ha trovato il modo di aiutare il suo Paese dopo il successo all’estero?
«Stiamo raccogliendo fondi per Medici Senza Frontiere, l’aiuto medico è fondamentale durante un conflitto soprattutto per l’enorme numero di civili coinvolti». Ci racconti com’è andata al matrimonio di suo figlio.
«Maher si è sposato in Turchia, dove viviamo in esilio e mi è sembrato naturale cantare per lui e sua moglie. Le melodie tradizionali avevano una forte base techno e tutti si sono divertiti molto. A pensarci bene, l’elettronica sembra fatta apposta per il modo di cantare, ma per favore non chiamatelo kebab rock».
«Cerco di aiutare il mio Paese martoriato raccogliendo fondi per Medici senza Frontiere»