Fronda a Brera sul progetto del campus allo scalo Farini
I Il protocollo per creare il campus di Brera allo Scalo Farini è stato firmato il 22 dicembre, ma oggi viene impugnato da una dozzina di docenti dell’Accademia che contestano l’iter di procedura: «La presidente Livia Pomodoro ha sottoscritto l’accordo con le Ferrovie e con il Comune senza avere la preventiva autorizzazione degli organi, che è necessaria», sostiene uno dei promotori, Filippo De Filippi. Solo due giorni fa il protocollo è stato sottoposto al Consiglio accademico, mentre il Cda e il Collegio docenti non sono stati ancora consultati (si riuniscono il 18 gennaio). «Il Consiglio ha votato a favore ma a giochi già fatti e sulla base di un testo che ci è stato solo letto. Ad oggi non esiste un verbale di approvazione», aggiunge Giampiero Moioli. «Perché la firma dell’accordo sotto Natale, senza seguire l’iter corretto?», chiede Guido Pertusi. Sottotraccia, preoccupa l’eventuale cessione alla Pinacoteca delle «tre aule della discordia» (quelle sul Cortile d’Onore): «Il protocollo fa riferimento vago ad accordi precedenti, non vorremmo dover rinunciare alle nostre aule, anche se è vero che con lo Scalo guadagniamo grandi spazi», dice Roberto Rosso, altro firmatario. Su quei tre minuscoli locali, necessari alla Pinacoteca per dotarsi di un vero ascensore e rendere accessibili le sue opere, Pinacoteca e Accademia non hanno mai trovato un accordo, ma adesso è urgente andare avanti. La prima ha bisogno di spazi, la seconda anche. Allo Scalo in un primo momento andrebbero i 1.300 studenti del dipartimento Nuove tecnologie, attualmente ospiti di uno stabile in viale Marche sul quale pende uno sfratto. E la visione è potenzialmente più ampia. Il progetto della Grande Brera prevedeva il trasloco degli studenti nella caserma XXIV Maggio, che adesso non è più disponibile. Sarebbe paradossale (e contro gli interessi della città) che ci fosse un incaglio proprio ora che la presidente Pomodoro sta provando ad ottenere da Roma i finanziamenti (30 milioni del Cipe) prima destinati alla caserma. La fase è delicata. Eppure la polemica infuria: «Se il Consiglio e la maggioranza del Collegio docenti si fossero pronunciate a favore del protocollo, sarebbe stata una decisione democratica — chiude Rolando Bellini —. Invece non c’è stata consultazione».