I 90 anni di Mino Milani: un romanzo autoironico
Autore (non solo) per ragazzi Mino Milani compie novant’anni E si racconta, con autoironia
«Vivo in questa casa da sempre; avevo cinque mesi quando mi ci hanno portato. Era l’estate del 1928, Pavia era una città piena di silenzio e di giardini». Dalle finestre si vede la Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro e Mino Milani è seduto in poltrona, nel suo studio pieno di libri, con accoccolata ai piedi la gatta Sibilla, in mano un bicchiere di Martini (è l’ora dell’aperitivo) e sulla scrivania una palla di cannone che «è stata sparata contro Pavia dalle truppe francesi il 2 agosto 1656». Il 3 febbraio compirà novant’anni («Sono della generazione fortunata, l’ultima o la penultima, forse, che ha conosciuto lo stupore»). Questo formidabile narratore (gli piace più che scrittore) ha pubblicato decine di libri per ragazzi, romanzi e saggi storici, gialli. Senza contare gli anni passati al «Corriere dei Piccoli» (poi «Corriere dei Ragazzi»), la famosa rubrica «La realtà romanzesca» sulla «Domenica del Corriere», le sceneggiature per fumetti (con i disegni di Pratt). Al centro delle sue storie Garibaldi e garibaldini, il Far West e Tommy River, eroe per generazioni di giovani e meno giovani, il commissario Melchiorre Ferrari che indaga nella Pavia asburgica. Dal romanzo «Fantasma d’amore» Dino Risi ha tratto il film con Marcello Mastroianni e Romy Schneider. Essere conosciuto come scrittore per ragazzi non lo turba affatto, e con autoironia sottolinea: «Mi sono letterariamente iscritto alla serie C. E ricorro a questo modo di dire sportivo perché è molto chiaro, e non c’è bisogno d’altro. Esistono libri buoni o non buoni. Mark Twain scriveva per i giovani e invece Ernst Jünger per gli adulti? Entrambi potevano sbagliare romanzo o fare bei libri. Conta l’opera finita. Se va a segno sono pagine che restano, altrimenti può averle scritte Hemingway ma non contano. Affermazione… successo? Mah, so che ho venduto milioni di copie. Ho fatto libri per le scuole? Non devo scrivere per l’Accademia della Crusca!».
Da poco sono usciti «Miti e leggende di Roma antica» (Ei- naudi Ragazzi) e la riedizione (con rifacimenti) di «Margherita Cantarana: una storia pavese del XVIII secolo» (Effigie), senza contare «Diario di guerra» (Effigie) del padre Carlo che Mino ha curato e annotato con affetto e precisione storica. Da lettore ammonisce: «Trentadue pagine sono un limite invalicabile per i romanzi: non andate oltre se non vi piacciono, l’ho sempre raccomandato quando giravo le scuole d’Italia».
Tornando al narratore, è al lavoro: «Sto scrivendo “La pentola”. Mio padre è stato sindaco a Pavia nel primo dopoguerra, anni fondamentali per mettere in pareggio i conti del Comune. Una sera è tornato a casa e ci ha raccontato che si era presentata da lui una signora con un gran cappello. Appena entrata aveva chiesto il permesso di toglierlo: sopra la testa, però, aveva una pentola. “Sa, signor sindaco, non posso levarmela perché altrimenti sento le voci. Può aiutarmi?”. Evidentemente aveva qualche problema e mio padre cercò di tranquillizzarla dicendole che poteva consigliarle un caro amico medico. Il libro a cui sto lavorando inizia proprio con una signora che si presenta al commissario Ferrari con una pentola in testa. Scrivo volentieri un’altra avventura di questo mio personaggio. Uscirà verso ottobre. Andrà come andrà. Ho un po’ diminuito i miei orari “da giornalista”. Dedico alla scrittura ogni giorno tre ore al mattino e un’ora al pomeriggio. Non ho fretta. Novant’anni mi sembrano troppi, non è ragionevole avere novant’anni!». Ma aggiunge: «Il Milani ce la mette tutta ancora, non do niente per scontato, non mi ritengo arrivato. Il giorno in cui non avrò più voglia di scrivere pianterò lì». Un’altra lezione. Non di storia, ma di vita.