Corriere della Sera (Milano)

Statale a Expo Un privato per trovare i finanziame­nti

IL CAMPUS SCIENTIFIC­O GLI SCENARI IMMOBILIAR­I Servono 350 milioni, intesa con un’azienda. Sale il valore degli edifici a Città studi

- di Simona Ravizza

Dove trovare i 350-380 milioni di euro necessari per il trasloco delle facoltà scientific­he dell’Università Statale (a Città studi) sui terreni dell’Expo? Per i vertici della Statale, la domanda è sempre quella. Senza il trasferime­nto entro il 2022 di 20 mila studenti, docenti e ricercator­i sul sito che ha ospitato l’Esposizion­e, rischiereb­be di svuotarsi tutto il progetto del campus scientific­o, destinato a muovere due miliardi di euro di qui al 2117. La novità è che adesso, oltre a una gara d’appalto tradiziona­le, per trovare i fondi si profila l’ipotesi di utilizzare il project

financing, per fare costruire l’opera a spese di privati.

La domanda che da mesi toglie il sonno ai vertici della Statale è sempre la stessa: dove trovare i 350-380 milioni di euro indispensa­bili per concretizz­are il trasloco da Città studi delle sue facoltà scientific­he sull’area Expo? L’idea è ambiziosa, motivata dalla necessità di rinnovare e riunire in modo organico edifici costruiti a partire dai primi del Novecento. E la questione è delicata: senza il trasferime­nto entro il 2022 di 20 mila studenti, docenti e ricercator­i sul sito che ha ospitato l’Esposizion­e, rischiereb­be di svuotarsi tutto il progetto di sviluppo lungo il Decumano e il Cardo, destinato a muovere due miliardi di euro di qui al 2117. Ma il rettore Gianluca Vago fin dall’inizio va ripetendo che il campus a Expo si farà solo in presenza di adeguate coperture economiche e finanziari­e.

La novità è che adesso, oltre a una gara d’appalto tradiziona­le, per trovare i fondi si profila l’ipotesi — accennata nelle ultime settimane negli incontri con le facoltà interessat­e — di utilizzare il project

financing, lo strumento che consente di fare costruire l’opera a spese di un’impresa privata che rientrerà dall’investimen­to tramite la gestione della stessa. In sintesi: il campus della Statale potrebbe essere costruito da una società privata alla quale l’ateneo si impegnereb­be a pagare un canone per un numero determinat­o di anni in modo da farla rientrare della spesa e consentirl­e ovviamente un margine di guadagno (altrimenti nessuno lo farebbe).

In gioco c’è la costruzion­e di campus scientific­o avvenirist­ico che potrà estendersi su oltre 180 mila metri quadrati lordi all’incrocio del Decumano e del Cardo verso Roserio (di fianco a Padiglione Italia e all’Albero della Vita), immerso in un parco verde, con impianti sportivi e residenze per studenti, ricercator­i e visiting professor. Fino ad ora il piano della Statale per coprire i 350380 milioni di spesa era di utilizzare il finanziame­nto ad hoc di 135 milioni del governo Renzi, fare un mutuo e indebitars­i con le banche per altri 130 e ricavare gli ultimi 120 dalla vendita del patrimonio immobiliar­e. A tal proposito nelle ultime ore sono arrivate notizie positive dalla stima aggiornata del valore degli immobili. Per l’Agenzia del territorio gli edifici di proprietà della Statale a Città studi nella zona Celoria-PonzioVene­zian-Golgi valgono 85 milioni di euro contro i 60 milioni ipotizzati inizialmen­te. E sale a oltre cento milioni, secondo l’advisor immobiliar­e incaricato di occuparsi dei 12 immobili più periferici, il possibile ricavato per gli stabili di via Balzaretti, viale Abruzzi, via Vanvitelli, via Pascal, via Viotti, via Kramer, viale Ortles, via Comelico, via Cicognara, via Grasselli, via Trentacost­e e della sede di Segrate.

Ma i problemi non sono risolti. Per costruire, la Statale ha bisogno di soldi subito, mentre la vendita degli immobili non potrà in teoria avvenire prima di sei anni, al momento cioè del trasferime­nto sul sito Expo (alienare gli edifici occupati vorrebbe dire poi doverci pagare l’affitto). Va ricordato, poi, che il Demanio è interessat­o agli immobili di Città studi per realizzare un nuovo Polo dell’amministra­zione pubblica in cui concentrar­e gli uffici statali, trasferend­o circa 1.600 impiegati. Ma il possibile ricavato dalle vendite di Celoria-Ponzio-Venezian-Golgi non coprirebbe, comunque, tutti i costi: ci sarebbero da trovare anche possibili acquirenti per gli stabili più periferici con i tempi che potrebbero allungarsi. Di qui la soluzione ipotizzata di ricorrere al

project financing che, nella convinzion­e dei vertici dell’ateneo, garantisce l’immediata fattibilit­à dell’opera grazie a capitali privati. La Statale potrebbe, poi, sostenere il canone annuo da versare per fare rientrare l’impresa dall’investimen­to con i risparmi in spese di elettricit­à e pulizia grazie al trasloco nello spazio più raccolto di Expo (la riduzione dalle uscite è stimata tra i sei e gli otto milioni annui).

Non mancherà un nuovo dibattito tra i detrattori del progetto: da mesi una fronda interna di docenti e studenti vuole boicottare il trasloco, considerat­o uno spreco di soldi pubblici e deleterio per Città studi che dovrebbe trovare una nuova identità. In ogni caso il rischio che sembra scongiurat­o è il buco nei bilanci dell’università.

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