Strage in fabbrica, le voci dei colleghi «Abbiamo provato a salvarli dal forno»
Tre morti alla Lamina di via Rho, nel quartiere Greco Giallo sui controlli: l’ultima ispezione due settimane fa
Massimo Giocondo, operaio della «Lamina spa», ha saputo che tre suoi colleghi di lavoro sono morti guardando le notizie sul suo telefonino. Ricoverato alla clinica «Città Studi», è uno degli operai che ha provato a salvare gli altri. E questo è il suo racconto (fatto al fratello Alfonso): «Non ero nel forno, stavo in un altro reparto, ho visto un collega correre e l’ho seguito. Sono sceso e ho cercato di tirare su per un braccio uno degli uomini che erano svenuti, ma le esalazioni erano troppo forti, mi mancava l’aria, mi girava la testa. Ho lasciato il braccio a metà scala. Ho riprovato una seconda volta con la maschera, ma mi sono sentito male. Poi non ricordo più niente; mi sono risvegliato in ambulanza».
La fabbrica della strage ha sempre fatto della sicurezza una priorità tanto che di Roberto Sanmarchi, il titolare 77enne della «Lamina spa» di via Rho, nel quartiere di Greco, si racconta l’abitudine di multare con un’ora di lavoro quei dipendenti che non rispettavano le regole. L’ultimo importante «giro» di controlli è avvenuto due settimane fa, con la manutenzione dei sistemi d’allarme della ditta dove ieri pomeriggio, a causa di esalazioni di gas, tre operai hanno perso la vita mentre un quarto è ricoverato in condizioni disperate. Le vittime sono Arrigo Barbieri di 57 anni, Marco Santamaria di 42 e Giuseppe Setzu di 48. Gli iniziali tentativi di salvataggio sono stati degli stessi operai. In particolare di Giancarlo e di Setzu che si sono sacrificati scendendo nel fosso profondo due metri. Questo fosso, l’alloggiamento sopra cui è «poggiato» il forno per la lavorazione dell’acciaio, ha un corridoio esterno che «segue» il perimetro e viene utilizzato per gli interventi sugli impianti.
I testimoni dicono che, nonostante quella recente manutenzione, ieri non è suonato nessun allarme. Un elemento, però, che potrebbe spiegarsi con la scelta di Arrigo Barbieri, il responsabile di produzione dello stabilimento sceso nel fosso insieme a Santamaria, un elettricista, probabilmente per capire se vi fossero dei problemi, di disattivare gli stessi allarmi per il tempo necessario dell’intervento. I due sono stati investiti dalle esalazioni — che avevano già riempito lo spazio del fosso — che ha colpito anche il fratello Giancarlo, sulle scale con l’obiettivo di scendere a salvare i primi. Le scale uniscono la superficie dello stabilimento al punto più in basso di quel fosso, collocato rispetto all’ingresso di via Rho in fondo e sulla sinistra. Gli altri operai sono sopraggiunti dopo le grida e le invocazioni d’aiuto: erano in una stanza vicina. Fra loro c’era anche Setzu che, come racconta un altro operaio, Vito, lui pure presente in quegli attimi disperati,
Non si può morire sul lavoro. E non si può morire a Milano, sul lavoro. Esprimo il mio grande dolore e la mia vicinanza Pierfrancesco Majorino assessore alle Politiche sociali del Comune
anziché arrendersi ha cercato in tutti i modi di portare un immediato aiuto: non ce l’ha fatta, si è spento poco dopo in ospedale. Secondo i primi rilievi (in via Rho sono arrivati insieme alle ambulanze i carabinieri e i vigili del fuoco), nell’ambiente della strage non sarebbe stato rilevato monossido di carbonio. Nel processo di lavorazione di quel forno, dove viene scaldato l’acciaio, si utilizza però l’azoto, forse il gas letale. Se fuoriuscito per un’anomalia di qualche impianto oppure in seguito a un errore umano, magari proprio nel tentativo di effettuare una riparazione, le indagini non lo hanno ancora accertato. Stamane gli esperti dei pompieri torneranno per nuovi sopralluoghi.
Il responsabile dell’Ufficio pastorale del lavoro della Diocesi Walter Magnoni, che ha veicolato la vicinanza dell’arcivescovo Mario Delpini, con il dolore non ha nascosto lo stupore perché «colpisce che accadano ancora questi incidenti di cui sono vittime lavoratori di una certa esperienza». Il sindaco Giuseppe Sala ha invitato a una seria riflessione sui drammi nel mondo del lavoro, purtroppo non anacronistici neanche nella Milano che corre tra le capitali d’Europa: «Il mio pensiero va agli operai che hanno perso la vita e alle loro famiglie. Queste sono tragedie che non dovrebbero mai accadere».