Corriere della Sera (Milano)

SE IL MANGIME DEI PESCI È SPAZZATURA

- di Paolo Galli Ecologo Bicocca

Da alcuni giorni sui giornali e su Internet si parla molto del nuovo costo dei sacchetti utilizzati per l’acquisto di frutta e verdura. Benché si parli di uno o due centesimi per sacchetto molte persone lo percepisco­no come un ulteriore costo a loro carico. Sin dalla loro nascita, nel 1965, il prezzo è stato completame­nte a carico dell’ambiente. Stiamo parlando di una media annua di circa 500 miliardi di buste, spesso finite intere o sminuzzate nell’ambiente, che per essere del tutto degradate impiegano circa 300 anni, nel mentre finiscono per essere ingerite da cetacei, tartarughe marine, pesci ecc... La grande quantità di microplast­ica presente negli oceani può entrare nella catena alimentare e, in ultima analisi, ritornare nei nostri piatti. Il costo di circa due centesimi ci permette invece di usare dei sacchetti biodegrada­bili che hanno un minore impatto sull’ambiente. Pagarli è un deterrente a un loro uso eccessivo. Un collega messicano in visita nei miei laboratori mi ha detto che nel suo Paese, dove i sacchetti non si pagano e dove non vi sono sacchetti biodegrada­bili, le persone tendono a farsi dare un sacchetto grande anche quando acquistano una scatola di caramelle e le strade sono piene di sacchetti abbandonat­i (accadeva anche da noi). Cerchiamo di comprender­e che due centesimi sono un ottimo compromess­o che ci potrà permettere di non essere ricordati dai posteri come quelli che pretendeva­no sacchetti di plastica gratis da abbandonar­e incuranti in ogni luogo.

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