Strage in fabbrica, il mistero dell’argon
Tracce del gas letale sulle vittime: non doveva stare nel forno. Morto il quarto operaio
Giancarlo Barbieri non ce l’ha fatta. Il tragico bilancio dell’incidente sul lavoro alla «Lamina» di via Rho arriva a quattro vittime. Barbieri aveva 61 anni, nell’incidente è morto anche suo fratello. I primi esami aprono uno scenario molto più complesso di quanto si pensasse sull’incidente: sulle vittime sono state rilevate infatti tracce di argon, un altro gas inerte che non doveva trovarsi nel forno.
Giancarlo Barbieri avrebbe compiuto 62 anni il 30 marzo. Si è spento ieri, dopo due giorni nel reparto di terapia intensiva del San Raffaele. È la quarta vittima dell’incidente avvenuto martedì nel capannone della « Lamina spa » , azienda di via Rho, a Greco. Poche ore dopo essere scesi nella «camera» sotto un forno per la lavorazione dell’acciaio, erano morti Arrigo Barbieri (fratello di Giancarlo), l’operaio Giuseppe Setzu e l’elettricista Marco Santamaria.
L’autopsia sulle vittime verrà eseguita all’inizio della prossima settimana; l’ipotesi iniziale è che a provocare la morte sia stata una completa saturazione di azoto nell’ambiente, ma i primi esami dei medici sui lavoratori arrivati in fin di vita in ospedale aprono uno scenario molto più complesso. Perché sulle vittime sono state rilevate tracce di argon, un altro gas inerte, ma considerato molto più pericolo e potenzialmente letale per la sicurezza sul lavoro.
La prima ricostruzione dell’incidente, rivelata ieri dal
Corriere, parla di un doppio «guasto», una rarissima coincidenza di un malfunzionamento sia al sistema di allarme, sia a una valvola che avrebbe provocato la fuoriuscita del gas. Così, i quattro lavoratori che sono scesi nella «fossa» sotto il forno si sono «immersi» senza accorgersene (in situazioni del genere non c’è alcuna percezione del pericolo prima di perdere i sensi), in uno spazio con una quasi totale carenza di ossigeno. Nell’inchiesta affidata agli specialisti dei vigili del fuoco, coordinati dai pm Gaetano Ruta e Tiziana Siciliano, emerge anche un altro aspetto drammatico: Arrigo Barbieri e Marco Santamaria sono scesi e sono svenuti subito, ma gli altri operai pensavano che stessero riparando il guasto elettrico, e dunque per quasi venti minuti nessuno si è accorto che i due uomini fossero già morti; Giancarlo Barbieri infine li ha visti ed è sceso con Setzu per tirare fuori i due colleghi, ma entrambi sono stati ugualmente «catturati» dalla fuga di metano appena entrati in quello spazio, profondo circa due metri.
La rilevazione dell’argon (un gas molto «pesante», pericolosissimo per il ristagno in ambienti confinati) apre nell’inchiesta un interrogativo primario: l’argon viene impiegato per le saldature e la lavorazione del titanio, dunque la sua presenza nel capannone della «Lamina spa» appare scontata; è però del tutto anomala e all’apparenza ingiustificata nelle vicinanze del «forno» per «scaldare» l’acciaio, un macchinario «Ebner» di fabbricazione austriaca, che per il suo funzionamento impiega esclusivamente l’azoto. Gli inquirenti stanno cercando di capire perché l’argon si sia disperso e accumulato nella «fossa».