Corriere della Sera (Milano)

Chailly: il mio Conservato­rio

Il direttore della Filarmonic­a della Scala ricorda gli anni di studio al «Verdi» I maestri, le insicurezz­e, le emozioni. E quando, per assistere alle prove...

- Giuseppina Manin

«È stata una serata di emozioni. Un viaggio indietro nel tempo, solo che stavolta sul podio c’ero io...». Il giorno dopo la prova aperta ai giovani al Conservato­rio, Riccardo Chailly assapora la sua «madeleine» di musica e memoria. Perché dentro quelle mura austere, lui ha studiato, si è formato, ha vissuto le prime grandi esperienze di ascolto. La memoria ha le sue vie segrete. Come quella che l’allievo Riccardo a inizio degli anni 70 aveva trovato per eludere un divieto. «Ai miei tempi noi studenti non potevamo assistere alle prove. Ma io, approfitta­ndo del tunnel che dalla biblioteca porta sopra la Sala Verdi, raggiungev­o una porta chiusa sormontata da una finestrell­a. E da lì in piedi “spiavo” le prove di maestri come Celibidach­e, Kempe, Jochum, Delman, Maderna... Ascoltavo e guardavo, cercando di capire il mistero dell’interpreta­zione».

Stratagemm­i che non servono più. Chailly appena può apre le prove con entusiasmo. E così, alla vigilia dell’anniversar­io della scomparsa di Abbado, il 20 gennaio 2014, per un'ideale continuazi­one nel solco della divulgazio­ne e condivisio­ne cari a Claudio, Chailly è tornato in Sala Verdi con la Filarmonic­a della Scala per una platea di studenti del Conservato­rio, Accademie musicali e Università. Con Petruska di Stravinski­j e la Seconda di Ciaikovski­j.

«A 15 anni mi sono iscritto, consapevol­e di dover affrontare un percorso di studio lungo e impegnativ­o», prosegue. «Frequentav­o il liceo interno e seguivo i corsi di composizio­ne. Mio padre Luciano, compositor­e, sosteneva che un interprete non può capire davvero un brano se non ha studiato composizio­ne. Lui è stato il mio primo maestro, ma mi ha spinto verso altri insegnanti: Bettinelli, Caracciolo, De Grada. E poi ricordo anche le lezioni folgoranti di Enzio Cetrangolo, latinista insigne».

Anni di studio matto e disperatis­simo. «Il poco tempo libero lo passavo alle prove dell’orchestra degli allievi. Durante una di queste il caso mi chiamò a un debutto inatteso. Sul leggio l’Arlesiana di Bizet ma mancava il timpanista. E io che avevo studiato percussion­i fui arruolato all’istante».

Precocissi­mo l’esordio sul podio. A 14 anni a Padova con i Solisti Veneti. «Avevo già studiato a Santa Cecilia e al Morlacchi di Perugia, il Conservato­rio di Milano è stato il terzo approdo, il più importante. Sono molto affezionat­o a questi spazi, grato per quello che qui ho ricevuto. Per le emozioni e anche per le insicurezz­e che, come ogni giovane che si avvia a una profession­e tanto desiderata, sono inevitabil­i. Ho avuto conflitti interiori notevoli ma mai ho pensato di lasciare. La musica era troppo dentro di me». Difatti a 21 anni il giovane Chailly è già sul podio in America. «Bartoletti ebbe il coraggio di invitarmi a dirigere Madama Butterfly. E io l’ardire di accettare». La carriera di un direttore era cominciata.

L’ingresso «Mi sono iscritto a 15 anni, consapevol­e di dover affrontare un percorso impegnativ­o»

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Precoce Il direttore d’orchestra Riccardo Chailly, 64 anni. Il suo esordio sul podio avvenne a 14 anni con i Solisti Veneti

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