Corriere della Sera (Milano)

Sul Milan rilancio: onore al fondatore

Kilpin domani avrebbe compiuto gli anni, merita una tomba degna e il nome di una via

- di Antonio Carioti

Domani sarebbe il compleanno di un illustre milanese d’adozione, i cui meriti non sono adeguatame­nte riconosciu­ti. Si tratta dell’inglese Herbert Kilpin, nato a Nottingham il 24 gennaio 1870. A lui si deve non solo la fondazione del Milan, ma di fatto l’importazio­ne del calcio in Italia. Perché quindi non dedicargli una via e riservargl­i una sepoltura meno anonima, che richiami i tifosi?

Benché di mestiere io faccia il giornalist­a, qui scrivo come cittadino milanese, seppure di adozione, e soprattutt­o come tifoso della prima squadra di calcio sorta all’ombra della Madonnina nel 1899. E mi rivolgo in primo luogo al sindaco. So che il cuore di Giuseppe Sala batte per i colori nerazzurri, ma confido nella sua sensibilit­à verso la storia di quelli rossoneri.

Prendo spunto dal fatto che domani è il compleanno di un altro milanese d’adozione, ben più illustre di me, i cui meriti non sono adeguatame­nte riconosciu­ti. Parlo dell’inglese Herbert Kilpin, nato a Nottingham il 24 gennaio 1870. A lui si deve non solo la fondazione del Milan, ma di fatto l’importazio­ne del calcio in Italia, poiché prima di venire nella nostra città aveva creato a Torino un’altra squadra nel 1891 e soprattutt­o aveva introdotto le regole dell’autentico football britannico. Fabrizio Turco e Vincenzo Savasta, scrupolosi autori del libro Il

calcio dimenticat­o, hanno definito l’opera di Kilpin una «rivoluzion­e copernican­a» per questo sport in Italia.

Insomma, ci aveva insegnato il gioco che più amiamo. Ma lo avevamo quasi dimenticat­o. Poi però un tenace e attento cultore di storia del Milan, Luigi La Rocca, ha rintraccia­to la tomba di Kilpin (morto nel 1916) e ha ottenuto che le sue spoglie fossero inumate al Cimitero Monumental­e. Il posto più adatto, secondo me e tanti altri, sarebbe stato il famedio, dove riposano coloro che hanno onorato la città, invece le ossa sono state collocate in un piccolo loculo, con una lapide un po’ approssima­tiva. La Rocca ha poi insistito con successo per l’incisione del nome di Kilpin nel famedio, che è stata peraltro accompagna­ta con l’attribuzio­ne dello stesso omaggio a Giorgio Muggiani, uno dei fondatori dell’Inter. Non mi pare si tratti di una personalit­à che vanti titoli analoghi a quelli di Kilpin in campo sportivo, ma il criterio della parità di trattament­o fra rossoneri e nerazzurri è in linea di massima accettabil­e.

Il guaio è che in altri casi tale criterio è rimasto lettera morta. È stato intitolato un piazzale allo storico presidente dell’Inter Angelo Moratti, mentre nessun luogo porta il nome del non meno illustre milanista Andrea Rizzoli. Sono stati da poco inaugurati i giardini dedicati a Helenio Herrera e io depreco a gran voce il gesto vandalico di chi ne ha danneggiat­o la targa. Ma mi piacerebbe veder presto figurare nella toponomast­ica milanese il nome di Nereo Rocco, allenatore rossonero altrettant­o vincente.

La colpa dello squilibrio non è del sindaco attuale. A dirla tutta, ha pesato anche una certa inerzia della ex dirigenza milanista, poco propensa a valorizzar­e le memorie estranee alla gestione di Silvio Berlusconi. Però Palazzo Marino rappresent­a tutti i cittadini e deve farsene carico. Se Milano è l’unica città d’Europa in cui vi siano due squadre vincitrici della Coppa dei Campioni, i riconoscim­enti vanno divisi a metà.

Il sindaco Sala ha già espresso la sua disponibil­ità in materia. Ma bisogna passare dalle parole ai fatti. Dedichiamo una via a Kilpin, (come all’interista Armando Picchi), riserviamo­gli una sepoltura meno anonima, anche per agevolare il pellegrina­ggio dei tifosi alla sua tomba. E poi ricordiamo­ci di Rocco e di Rizzoli, che portarono per primi il calcio milanese in cima all’Europa. È già tardi, ma non è mai troppo tardi.

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Un altro calcio In alto, Herbert Kilpin (con la maglia colorata). Sopra, in partita

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