Fracassi e Micheletti Confronto horror tra i fantasmi di Ibsen
Essere o non essere, Ibsen non l’ha scritto ma l’ha certo pensato spesso nei suoi drammi, tra cui «Spettri» e «Casa di bambola», registi fans Ronconi e Castri. Proprio a uno storico allestimento di quest’ultimo del 1980, con due personaggi che brontolano in due letti-stanze gemelle, si ispirano Federica Fracassi e Luca Micheletti protagonisti di «Rosmersholm» cioè «Il gioco della confessione» (al Parenti, da stasera ore 2015, all’11 febbraio,
23,50/15 euro). Essere o non essere contro i «pilastri della società», l’emancipazione femminile, contro l’eternità di leggi morali? «Siamo due anime, forse fantasmi, che si affrontano rianimandosi come in una seduta psicanalitica horror dove ci si mette a nudo senza esclusione di colpi. Non a caso — dice la Fracassi — Freud e Groddeck si sono occupati di Rebekka West, una libera pensatrice che l’amore dissuade dal socialismo, una libera amatrice a servizio dall’aristocratico pastore Rosmer, con un problema di incesto nel subconscio, molti misteri e una bella provvista di sensi di colpa». Per affrontare il mondo norvegese, l’attrice, come fece la Duse che cercò invano di stanare Ibsen, ha fatto l’agosto scorso un sopraluogo culturale nei luoghi delle aurore boreali, ricambiando la visita che Ibsen fece in Italia dal 1864 al 1868 e scrivendo un diario e immortalando gli attimi fuggenti in una mostra di 32 fotografie di Valentina Tamborra. Gli stessi attori, con Micheletti ancora regista, affronteranno poi nel progetto Ibsen «Peer Gynt» seguendo «il filo del fallimento di un progetto di vita esistenziale e materiale, la tragedia della inazione, il dolore d’autore di essere borghese e manicheo, di vedere la donna angelo e demone, tutto quel bagaglio che non poteva non sfociare nella psicoanalisi». Lo spettacolo, prodotto dal Franco Parenti e la compagnia dei Guitti, segue il sogno di Micheletti dopo «Mephisto» di Mann di far uscire Ibsen dall’ovatta borghese.