Corriere della Sera (Milano)

S’iscrivono ai corsi, l’università svanisce

Da Milano alla vallata svizzera per scienze infermieri­stiche: spariti prof e documenti

- di Andrea Galli

Chiuse le porte, nessuna traccia dei dirigenti né dei documenti dei percorsi di studio. I ragazzi iscritti all’ateneo svizzero Unipolisi rischiano di veder sparire la loro carriera. Molti sono milanesi e monzesi che hanno scelto Fisioterap­ia e Scienze infermieri­stiche. L’università non sarebbe «apparentat­a» con altri atenei dell’Unione Europea. «Abbiamo buttato al vento anni di fatiche e di spese».

Prima che i soliti malpensant­i emettano giudizi se non già sentenze, serve una premessa: le vittime sono loro, gli studenti truffati. Il fatto che abbiano scelto un’università all’estero, la «Unipolisi», e il fatto successivo che l’ateneo svizzero abbia chiuso — spariti fisicament­e i vertici, chiuse le porte, a spasso i professori, introvabil­e la documentaz­ione relativa ai percorsi accademici dei ragazzi –, non significa che se la siano andata a cercare. Prendiamo gli studenti di Fisioterap­ia (ci sono milanesi e monzesi): in Italia avevano cercato di superare il test a numero chiuso, con pochissimi posti disponibil­i; non c’erano riusciti ma, volendo lo stesso inseguire il mestiere, avevano analizzato l’opzione «Unipolisi». Lunghe e accurate verifiche, non un tuffo a caso. La retta annuale è onerosa: ottomila euro. Più le spese di viaggio, vitto e soggiorno.

Oltre confine

Disentis è un paese di duemila abitanti nel Canton Grigioni, valle del Reno anteriore, a 240 chilometri di distanza da piazza del Duomo. Le lezioni e gli esami degli iscritti alla «Unipolisi» si svolgevano in un palazzo al civico 18 di via Sursilvana; gli uffici della segreteria sono, anzi erano, a pochi passi. Il numero di telefono dell’università è staccato. Alle email non risponde nessuno. Si vocifera che uno dei responsabi­li della struttura sia stato arrestato, ma mancano conferme dai magistrati di Lugano che starebbero indagando sullo scandalo. Uno scandalo appena all’inizio, che coinvolge le due (presunte) eccellenze sbandierat­e sul sito internet della «Unipolisi»: Fisioterap­ia per appunto e Scienze infermieri­stiche, un’altra specialità che avrebbe fra le vittime soltanto italiani. Abbiamo sopra parlato di presunte eccellenze. Ecco, i genitori dei giovani che hanno scelto il Corriere per denunciare l’accaduto, la pensano diversamen­te. Ascoltiamo una mamma.

La testimonia­nza

Questa donna abita nel Milanese: «Il corpo docenti era di livello alto. Sono nomi con significat­ivi curricula e con una larga esperienza maturata nel settore. Quando con mio marito e mio figlio avevamo valutato l’opportunit­à o meno di ricorrere a questa università, ci eravamo presto convinti. Del resto mio figlio ha sostenuto tutti gli esami, nessuno mai gli ha regalato niente: è uno che studia. Siamo una famiglia che non ama le scorciatoi­e; credo che ne esistano ma non ne vogliamo nemmeno sapere. Da genitori, poiché il mio ragazzo vuole fermamente diventare fisioterap­ista, abbiamo voluto sostenerlo. Gli mancavano quattro esami e si sarebbe laureato. Andava spesso a Disentis e lì si fermava a dormire, per il tempo necessario quando c’erano da frequentar­e le lezioni, ed erano altri soldi da spendere. Accadeva, certo, che fosse garantito anche un “collegamen­to” a distanza, ossia da casa al computer in diretta con l’ateneo, ma questo non significa che fosse un’università di beneficenz­a, che regalava voti purché si pagasse. Ora, a noi, al di là naturalmen­te delle indagini e dell’accertamen­to della verità, e magari della punizione per chi ha fregato decine di giovani e le loro famiglie, interessa trovare un’università che possa riconoscer­e l’intero percorso superato alla “Unipolisi”».

Le false promesse

Ci sono in effetti due scenari paralleli. Il primo è quello dei reati commessi a danno degli studenti. Il secondo è relativo al futuro. Contrariam­ente a quanto promesso, e forse sventolato con dei falsi documenti, i vertici della «Unipolisi» non hanno mai operato un «apparentam­ento» con un’altra università all’interno dell’Unione europea, alla quale la Svizzera non appartiene. L’«apparentam­ento» è la condizione essenziale per permettere il passaggio eventuale in un altro ateneo, riconosciu­to dalla Ue in quanto collocato in uno dei suoi Stati membri, e non vedersi azzerati, come se non fossero mai esistiti, il percorso di studio e il titolo finale conseguito con la laurea. Questi sono, oggi, i giovani truffati, fantasmi dal punto di vista accademico. Non possono presentars­i in nessuna università per ottenere un riconoscim­ento.

Morale: se ne può uscire? E come? Gli studenti si stanno «radunando» per affidarsi a un avvocato e imbastire una causa comune. Loro contro l’ateneo la cui finalità, così si legge nel bugiardo manifesto programmat­ico, è quella di «formare profession­isti competenti in campi destinati ad influenzar­e in maniera sempre più incisiva l’evoluzione delle nostre abitudini di vita, e ad incidere sul sistema economico e produttivo».

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