Concerti
Il prog rock di Steven Wilson conquista gli Arcimboldi
«Come musicista mi interessa evolvermi». Steven Wilson risponde così quando gli chiediamo come mai i suoi ultimi dischi — in particolare «To The Bone», uscito lo scorso agosto — tocchino territori decisamente più pop rispetto a quelli cui ci aveva abituati in passato. Virata che, tra l’altro, ha spiazzato quei fan che hanno sempre visto nel 50enne inglese una figura di riferimento del progressive rock: già leader dei Porcupine Tree, Wilson è stato anche scelto da Robert Fripp per occuparsi dei remix del catalogo dei King Crimson. La sua replica: «Se i miei cambi di stile lasciano perplesso qualcuno è un buon segno, significa che sto facendo bene il mio lavoro di artista. Non importa che tu sia un musicista, un pittore o un regista, nel momento stesso in cui ti chiedi che cosa il pubblico vuole da te e pensi a come soddisfare quelle aspettative, stai compromettendo il processo creativo». Bisogna dire che per ora i risultati sono positivi anche in termini di successo: «To The Bone» ha scalato la classifica inglese e sta andando bene anche da noi. Domani Wilson lo presenterà, non a caso, in un Teatro degli Arcimboldi, già tutto esaurito.
Concepito come un omaggio a dischi quali «The Colour of Spring» dei Talk Talk, «Hounds of Love» di Kate Bush e «The Seeds of Love» dei Tears for Fears, l’album non rinuncia del tutto al lato concettuale della musica di Wilson, ma, come dimostra il singolo «Permanating», li fonde con melodie immediate e accattivanti. «La complessità degli arrangiamenti che mi ha sempre caratterizzato non manca, ma ho lasciato più spazio alle parti cantate e a melodie che volevo restassero in testa. L’ho chiamato “To The Bone” per questo, perché arriva all’essenza del mio lavoro di songwriter». Il titolo rimanda anche ai testi, in cui il nostro parla di rifugiati, terrorismo, fondamentalismo religioso. «La domanda di fondo è: come si fa, nell’era di Donald Trump, a cogliere la verità assoluta? Non è possibile. Tendiamo a definire “verità” quelle che sono opinioni personali, ma è fuorviante: chiunque può dare solo un’interpretazione soggettiva della realtà, che dipende dalla nazionalità, dalla fede, dall’educazione. La verità per me è un ideale irraggiungibile». E la verità del pop, chi è riuscito a coglierla? «I Beatles, loro sono la quintessenza del pop come lo intendo io. E tutti li amano! Ma anche alcune band con cui sono cresciuto verso la fine degli anni 70, una su tutte The Electric Light Orchestra».