L’ultimo regalo Poi si scatena la furia omicida
IL DELITTO NEL PALAZZO DI VIA BRIOSCHI Foro Buonaparte, le telecamere inquadrano la coppia a poche ore dall’assassinio
Alessandro Garlaschi e Jessica Valentina Faoro martedì alle 18.32 vengono ripresi dalle telecamere di un ottico vicino al Castello Sforzesco: lui le regala lenti a contatto, una mossa per conquistarla. Dopo quest’ultimo dono si scatena la furia omicida: nell’appartamento di via Brioschi il trentanovenne uccide la ragazza di 19 anni a cui aveva subaffittato una camera.
L’ossessione per le giovanissime prevedeva una strategia che, per completare il corteggiamento, si chiudeva con una gita in centro. E con tappe nei negozi. Come il famoso ottico vicino al Castello Sforzesco dove Alessandro Garlaschi e Jessica Valentina Faoro sono entrati insieme alle 18.32 di martedì. Lui le ha regalato delle lenti a contatto, come in precedenza, ad altre ragazzine, aveva regalato occhiali e montature sfruttando la convenzione del negozio con l’Atm, l’«azienda» dove l’assassino, un tranviere, ha lavorato, ed è stato via via licenziato, riammesso dopo aver vinto una causa, infine sospeso per la frequenza degli incidenti provocati. Quelle lenti sono state l’ultimo dono del killer alla vittima.
Al secondo piano
Dopo l’acquisto dall’ottico, sono tornati nell’appartamento al secondo piano di via Brioschi 93, in affitto al 39enne Garlaschi che aveva subaffittato una stanza alla 19enne Jessica. Sul caso indagano l’Ufficio prevenzione generale e la squadra Mobile. Secondo i primi accertamenti, l’omicidio deve essere collocato intorno alle 3.30 della notte tra martedì e ieri. Alle 6, Garlaschi ha chiamato l’Atm per avvertire che non sarebbe andato al lavoro. Quella telefonata gli è servita «solo» per prendere tempo, per provare a «ragionare». Aveva sì già ammazzato Jessica Valentina, con almeno cinque-sei coltellate, ma ancora non sapeva come «disfarsi» del cadavere. L’ipotesi principale è quella di un approccio sessuale improbabile e degenerato. Per molte ore, chiuso in quell’appartamento, Garlaschi, sposato (sulla moglie e su un suo eventuale ruolo sono ancora in corso gli accertamenti) ha cercato di darle fuoco, con dell’alcol, quindi di metterlo dentro un borsone, e per questo avrebbe fatto anche un iniziale scempio del cadavere.
L’uccisione di Macerata
Ecco. Uno scempio. Quasi che nella testa del killer siano tornate le notizie dei giorni scorsi sulla morte di Pamela Mastropietro, la ragazza di 18 anni fatta a pezzi e abbandonata in due trolley in provincia di Macerata. Alla fine però, a metà mattina, intorno alle 11, Garlaschi si è «arreso» e ha chiamato il 112: «In casa mia c’è una ragazza ferita». Pochi minuti dopo le «volanti» della polizia guidate da Maria Josè Falcicchia, hanno «cristallizzato» la scena di un omicidio: «A uccidere è stato un tranviere». Garlaschi lavorava in Atm dal 2004; nel 2013 la sua sede di lavoro era stata spostata, dopo che una collega l’aveva denunciato per stalking.
Gli abbandoni
Jessica Valentina non aveva nemmeno vent’anni ma già un’esistenza straziante. Seguita dai Servizi sociali fin subito dopo la nascita, tolta ai genitori (al padre, ugualmente dipendente Atm, era consentito di vederla soltanto in un ambiente protetto e sorvegliato), rifiutata dalle famiglie che l’avevano presa in affido, scappata dalle comunità, la ragazza viveva da tempo in strada. Nel quartiere Stadera. Fra balordi, spacciatori e anche clienti. Perché non aveva una famiglia, non aveva un lavoro e non aveva soldi. Ai colleghi, il padre ripeteva che ancora l’aspettava e che anzi se la sarebbe «ripresa», prima o poi, tanto che nella sua casa di Porta Romana aveva creato una zona soppalcata per ospitare la figlia. Figlia che non aveva mai nemmeno preso in considerazione quella soluzione. In via Brioschi 39, Jessica Valentina è arrivata in seguito a un annuncio pubblicato dall’omicida, che offriva un posto letto. Ce n’erano state altre, prima di lei, in coabitazione con il killer, come ricordano i vicini di casa raccolti in cortile, che dopo gli iniziali dubbi hanno urlato contro Garlaschi, «sei un mostro», «sei un maniaco», «adesso devi crepare in galera», quando scortato da due poliziotti è uscito dalla sua scala. Il palazzo, come tutti quelli vicini (in totale qui vivono 250 famiglie), è abitato da tranvieri da tre generazioni.