Attese di tre mesi per l’esito delle biopsie L’ospedale: troppi esami e pochi medici
I ritardi nei campioni che le strutture convenzionate inviano al San Paolo. A rischio le cure
Una biopsia e poi tre mesi di attesa. Lunghi, infiniti. Perché la risposta, che dovrebbe arrivare in pochi giorni, deve togliere uno dei dubbi più tremendi: «Ho il cancro?». Eppure almeno cento pazienti nella Milano dell’eccellenza sanitaria stanno aspettando la diagnosi da settimane, molti addirittura da novembre. Alcuni hanno eseguito gli esami medici nei poliambulatori cittadini, altri negli ospedali di Cinisello e di Sesto San Giovanni. Tutti centri che per l’analisi dei campioni fanno riferimento al San Paolo, i cui laboratori non riescono a garantire i referti nei tempi adeguati: il personale è sottodimensionato.
I vetrini si accumulano dall’autunno scorso. A farne le spese è la salute dei milanesi. Una diagnosi tardiva porta a un ritardo delle cure. Quando si parla di tumore, anche pochi giorni possono fare la differenza. Eppure decine di prelievi di cellule e tessuti rimangono in attesa di essere «letti» dagli esperti, troppo pochi per la mole di lavoro che si è creata. La procedura è semplice nel caso degli esami citologici. Più complicata per quelli istologici. Un tecnico di laboratorio deve preparare il vetrino, poi tocca al medico osservarlo al microscopio e capire se si tratta di cancro, stabilire di quale tipo e se ci sono metastasi. Poi traduce quello che ha visto in un referto.
Il documento dovrebbe arrivare ai malati nel minor tempo possibile, ma la macchina non funziona più a dovere. La convenzione tra il San Paolo e la Asst Nord Milano (che comprende gli oltre venti poliambulatori milanesi e gli ospedali Bassini e di Sesto) è attiva da anni. Gli intoppi sono arrivati tra novembre e dicembre 2017 e le strutture se ne sono rese conto. Ai pazienti che si sono sottoposti ad analisi nei mesi scorsi sono state consegnate le carte con la data «ufficiale» per la consegna dei referti. In allegato, un volantino che consigliava di posticipare di almeno una settimana il ritiro. Chi, stanco e divorato dall’angoscia, ha protestato, qualche effetto lo ha ottenuto. Il vetrino «disperso» è stato fatto «passare avanti» per evitare che scoppiasse il caso. Chi si è fidato dei tempi della sanità lombarda è ancora nel limbo.
Anche i vertici dell’Asst Nord Milano si sono accorti delle proroghe inaccettabili. Dopo la richiesta di spiegazioni al San Paolo, a gennaio è scattato il piano B: trovare un altro laboratorio, più affidabile, a cui far svolgere le analisi. La scelta è caduta sul San Gerardo di Monza, il cui direttore generale Matteo Stocco ha espresso «grande soddisfazione per il riconoscimento dell’eccellenza dei nostri servizi». Così dal 1° febbraio l’ospedale brianzolo ha preso in carico pap test, biopsie e prelievi di cellule dei milanesi. La convenzione è in via di completamento in questi giorni, intanto già si lavora. Bisogna correre per rimanere nei tempi stabiliti. Trenta giorni per gli esami meno urgenti, 15 per quelli da cui dipende la scelta di una terapia che può salvare la vita.
Rimane però il problema dei pazienti che si sono sottoposti a un esame entro il 31 gennaio. I loro referti sono ancora nel laboratori del San Paolo. «La situazione si sta normalizzando — assicura il direttore generale Marco Salmoiraghi —, tra novembre e dicembre tre o quattro medici se ne sono andati e abbiamo dovuto reclutarne di nuovi. Una procedura che richiede tempo. Ora i nuovi specialisti stanno entrando in servizio, contiamo di riprendere il ritmo in qualche settimana».
Il piano B Da febbraio i vertici dell’Asst Nord Milano hanno affidato le analisi al San Gerardo