Corriere della Sera (Milano)

Il mio Verdi preferito

Chung torna sul podio della Scala con il «Simon Boccanegra» «C’è sempre qualcosa da imparare»

- Enrico Parola

«Forse Simon Boccanegra è il personaggi­o verdiano più grande di tutti; un altro gigante è Don Carlo, ma chi è? Divinità, spirito, altro? Simone è il più grande per la capacità di mostrare sempre coraggio e nobiltà, per essere davvero il fulcro, il cardine attorno a cui tutta l’opera ruota e da cui è abbracciat­a, dalla prima all’ultima nota». Myungwhun Chung è musicista che misura le parole e ancor più i giudizi, ma per il doge che da stasera alla Scala avrà la voce e il volto di Leo Nucci il tono diviene deciso e appassiona­to: «Simon Boccanegra» è l’opera con cui nel 2014 ha vinto il premio Abbiati della critica italiana come miglior direttore dell’anno, nel 2016 è stato il primo titolo di Verdi che ha affrontato alla Scala e subito portato in tournée al Bol’šoj di Mosca, nella sua Seoul e a Shanghai. Nessuno oggi conosce e interpreta meglio del maestro coreano l’opera che Verdi scrisse per la Fenice nel 1857 e poi rivisitò nel 1881 per la Scala, col libretto di Piave rimaneggia­to da Boito.

«Sono passati 29 anni dalla prima volta che l’affrontai: un grande cast in cui troneggiav­ano Sherrill Milnes e l’Amelia di Kiri Te Kanawa. Che cosa capisco oggi che allora non avevo ancora intuito? Tanto, ma è forse impossibil­e specificar­e momenti, cerchiare dettagli. Si cambia e si matura, ma comunque, alla fine, l’impression­e davanti a un tale capolavoro è che trent’anni di convivenza non siano ancora sufficient­i per capirlo fino in fondo». La parola convivenza non è casuale, definisce esattament­e il suo rapporto col «Simone»: «La scena del

Incipit «È straordina­rio come tutta l’opera sia già racchiusa nelle primissime battute»

Feeling «Guidare la Filarmonic­a è un piacere puro, c’è un’intesa totale, non servono parole»

consiglio è impression­ante per tensione, passione e grandiosit­à, ma dopo trent’anni non ho ancora capito quale sia il momento o l’elemento che mi piace di più di quest’opera; è un po’ come chiederlo della moglie: ti piace e la prendi così com’è, allo stesso modo amo quest’opera tutta quanta, in ogni suo aspetto». Non può però non confessare l’emozione di alzare la bacchetta sulle prime note, mentre si apre il sipario: «È straordina­rio come Verdi rie- sca a riassumere tutta l’opera nelle primissime battute; non la trama, ma lo spirito: ascoltiamo l’orchestra e abbiamo la percezione quasi fisica della compresenz­a di tre elementi, la notte fonda, il senso di mistero e d’intrigo, il mare».

Soprattutt­o quest’ultimo è l’elemento che percorre e dà un colore inconfondi­bile all’opera: «Il mare è sempre a pochi passi, incombe col suono della risacca e con il suo profumo; e qui alla Scala anche col suo canto». Perché in buca c’è l’orchestra che Chung adora: «Suoniamo assieme da 29 anni, lo stesso periodo della frequentaz­ione col Simone. Ci sono tante orchestre con cui il dirigere è un lavoro, si arriva a risultati buoni o anche ottimi ma rimane comunque un lavoro. Qui invece è piacere puro, c’è un’intesa totale e quasi non servono parole; gli strumenti cantano in modo naturale: la melodia non è mai un effetto ricercato ma un canto interiore che riesce sempre a tradursi in suono d’orchestra. È un miracolo tutto scaligero».

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 ??  ?? Veterano Il maestro coreano Myung-whun Chung: la sua prima volta nel «Simone» risale a 29 anni fa. Sopra, una scena dell’opera, con Leo Nucci (nel ruolo del Doge) con il basso russo Dmitry Beloselski­y
Veterano Il maestro coreano Myung-whun Chung: la sua prima volta nel «Simone» risale a 29 anni fa. Sopra, una scena dell’opera, con Leo Nucci (nel ruolo del Doge) con il basso russo Dmitry Beloselski­y

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