Salta la legge: specializzandi ancora nel limbo
No alla legge regionale che permette ai laureati di operare. La Statale: «Serve una soluzione»
Ci cureranno in futuro dalle malattie, ma oggi sono nuovamente dei fantasmi per legge. Cinquemila giovani in prima linea in ospedale — già medici ma che studiano per diventare cardiochirurghi, ortopedici, pediatri — sono destinati a restare ancora invisibili. Il governo impugna la legge della Regione Lombardia varata con l’obiettivo di offrire agli specializzandi un percorso di autonomia all’interno della loro formazione.
Ci cureranno in futuro dalle malattie, ma oggi sono nuovamente dei fantasmi per legge. Cinquemila giovani in prima linea in ospedale — già medici ma che studiano per diventare cardiochirurghi, ortopedici, pediatri, ginecologi, neurologi — sono destinati a restare ancora invisibili.
Il governo impugna la legge della Regione Lombardia varata lo scorso 12 dicembre con l’obiettivo di offrire agli specializzandi un percorso di autonomia all’interno della loro formazione. Un modo, per esempio, per permettere ai medici neolaureati da due/ tre anni di non essere semplici spettatori in sala operatoria (come terzi operatori), ma di potere eseguire gli interventi chirurgici più semplici sotto la supervisione di un esperto. Quel che succede oggi, a riforma incompiuta, è: 1) i giovani non operano, per poi ritrovarsi a farlo da un giorno all’altro una volta ottenuto il diploma di specializzazione; 2) gli specializzandi eseguono lo stesso interventi chirurgici come secondi operatori, ma non rispettando le norme di legge in base alle quali possono essere solo terzi operatori. Adesso lo stop di Roma riporta la questione all’anno zero.
Si fa, ma non si dice. A livello nazionale c’è da rispettare una norma molto importante: «In nessun caso l’attività del medico in formazione specialistica è sostitutiva del personale di ruolo» (articolo 38, comma 3 del decreto legislativo 368 del ‘99) a tutela della sicurezza dei pazienti. Il problema è che gli specializzandi, come denunciato più volte dal
Corriere, sostituiscono i dottori spesso e volentieri: guardie di notte fatte senza che il medico di ruolo sia presente in ospedale (ma solo reperibile telefonicamente), giorni festivi trascorsi in reparto o al Pronto soccorso in solitudine, visite ambulatoriali effettuate mentre il medico tutor visita altri pazienti nello studio accanto, presenza in sala operatoria come secondi operatori (invece che come terzi). In questo contesto il tentativo del Pirellone di Roberto Maroni è di disciplinare la materia, dopo il forte pressing ricevuto dalla Statale e dagli altri atenei lombardi con la facoltà di Medicina.
Il provvedimento della Lombardia impugnato dal governo, ossia l’articolo 34 della legge 33 del 12 dicembre 2017, prevedeva una graduale assunzione di responsabilità in tre step: attività di appoggio (quando lo specializzando assiste il personale medico nello svolgimento delle sue attività); attività di collaborazione (quando svolge direttamente procedure e attività assistenziali specifiche sotto il diretto controllo di personale medico strutturato); attività autonoma (quando svolge autonomamente specifici compiti che gli sono stati affidati, fermo restando che il tutor deve essere sempre disponibile per la consultazione e l’eventuale tempestivo intervento).
Il governo motiva la sua bocciatura, che risale all’8 febbraio, sulla base dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione: «Le norme della Lombardia riguardanti la formazione specialistica dei medici — scrive Roma — contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di professioni e di tutela della salute». Il timore dell’esecutivo è che le norme lombarde fossero un éscamotage per sostituire gli specializzandi ai medici di ruolo (a minor costo e senza adeguata preparazione). L’assessore alla Sanità Giulio Gallera è arrabbiato: «Noi contempliamo una graduale assunzione di responsabilità, non la loro comparazione immediata alle funzioni di uno strutturato. Il medico in formazione specialistica è sempre e comunque vincolato all’osservanza delle direttive ricevute dal tutor».
Il prorettore della Statale Gianvincenzo Zuccotti spiega: «Rischia di essere un’occasione persa. Una soluzione va trovata».