Schiaffo finale ai barconi: messi all’asta
Naviglio, il Comune cerca acquirenti dopo averli smontati. La protesta dei proprietari
Per quarant’anni hanno accolto milanesi e turisti fra i loro tavolini. Poi sono stati smontati e rimossi, perché dichiarati abusivi dal Tar. Ora i barconi del Naviglio (quattro su cinque, ovvero quelli sotto la giurisdizione del Comune) finiscono all’asta. I gestori dei locali (ormai ex) annunciano però battaglia: «Le strutture sono nostre». Palazzo Marino replica: «Non sono state reclamate».
Palazzo Marino mette all’asta quattro pezzi storici. Sono i barconi abusivi che per oltre quarant’anni hanno ospitato tra i loro tavoli migliaia di persone sui Navigli. Dopo che il Tar, nel luglio scorso, ha rigettato l’ultimo ricorso presentato dai proprietari delle chiatte abusive, per occupazione non autorizzata di spazio del Demanio e la successiva rimozione, il Comune ha deciso di sbarazzarsi dei quattro relitti, ridotti ormai a galleggianti di ferro, con una gara pubblica a offerta libera. Chi è interessato può comunicare la propria manifestazione d’interesse al Comune fino a mezzogiorno del 9 marzo. I lotti sono quattro e saranno aggiudicati a chi fa l’offerta più alta. Dimenticavamo: chi se li comprerà dovrà provvedere a proprie spese anche al ritiro e al trasporto. Quello più «piccolo» pesa 34,68 tonnellate, quello più grande arriva a 50. Lunghezza media tra i 23 metri e i 24. Se l’asta dovesse andare deserta, Palazzo Marino procederà con la demolizione e invierà il conto ai proprietari dei ristoranti. C’è una quinta chiatta rimossa che però non andrà all’asta perché non è sotto la giurisdizione del Comune: quella de «Le Scimmie».
Ma sulla vendita all’asta si preannuncia giù una nuova battaglia giudiziaria che si va ad aggiungere al lunghissimo braccio di ferro tra il Comune e i proprietari dei barconi. «Fino a prova contraria — attacca Riccardo Rossi, titolare del barcone-pizzeria Frank Pummarola, la più grande delle chiatte che sostano sul Naviglio Pavese — il barcone è nostro e non lo possono mettere all’asta. Adesso, decideremo quale iniziativa prendere». Tutto si gioca sul fatto che se la proprietà non reclama il bene entro 30 giorni è possibile metterlo in vendita. «Ma noi — continua Rossi — abbiamo avuto comunicazione di dove fosse il nostro barcone solo due giorni fa. Come potevamo reclamarlo?». Opposta la ricostruzione di Palazzo Marino: «Sono state fatte tutte le comunicazioni del caso — replica l’assessore al Bilancio, Roberto Tasca —. I proprietari sapevano dove erano i loro barconi da tempo, come conoscevano i tempi previsti per rimuovere le loro chiatte ma non l’hanno fatto». Quindi, si procederà all’asta. Con la consapevolezza però che sarà difficile trovare un acquirente. Per rimuovere i barconi sono state eliminate tutte le strutture interne ed esterne. Non resta che uno scheletro di ferro a fondo piatto. A «salvarsi» è stato solo il barcone delle Scimmie, quello che lo storico tempio del jazz utilizzò sin dall’inizio dell’apertura per guadagnare spazio. A differenza degli altri, smantellati e sollevati con una gru per essere caricati su un mega tir, la chiatta è stata trascinata da un piccolo rimorchiatore dal Naviglio Pavese alla Darsena al Naviglio Grande per essere parcheggiata tra Corsico e Trezzano. Ma non finirà all’asta perché è sotto la giurisdizione del Consorzio Villoresi e non del Comune. La decisione finale sul destino del dehors galleggiante de «Le Scimmie» spetterà al Consorzio.
Palazzo Marino fa i debiti scongiuri. Perché se l’asta dovesse andare deserta si aprirebbe un nuovo capitolo del contenzioso. Il Comune dovrà demolire i relitti di ferro per poi rivalersi sui proprietari: «Se non ci saranno compratori — conclude Tasca — sosterremo i costi di demolizione e subito andremo in causa per recuperare le spese».