«Le foto, gogna per vendetta»
La battaglia di una ventenne: ti senti annientata
«Sconosciuti mi contattavano dicendo di aver visto le mie foto, foto private: il mio ex le aveva postate online per vendetta». Una ventenne di Magenta racconta la sua battaglia legale.
Scatti intimi L’avvocato: «In Italia il revenge porn non è codificato All’estero c’è più tutela»
È quasi Ferragosto e per Roberta (il nome è di fantasia), ventenne di Magenta, sono gli ultimi giorni di vacanza al mare, con le amiche. La giovane scende dalla barca dopo un’escursione e accende il cellulare. «Ero contenta, perché finalmente prendeva il wi-fi. Invece è stato l’inizio di un incubo».
Sul suo profilo Facebook, Roberta trova quattro richieste di amicizia e messaggi volgari da uomini che non conosce. Scrivono dall’Italia e dall’estero, allegano immagini da un sito d’incontri hard e le chiedono «altre foto come queste». Purtroppo non sono i soliti profili falsi che diffondono virus: le immagini ritraggono proprio lei, in momenti di intimità con l’ex fidanzato, che però non è riconoscibile. E ci sono anche alcuni scatti senza veli, che lei gli aveva inviato quando stavano insieme. Il sito indica anche il suo nome e cognome, la mostra in viso: rintracciarla, per gli utenti del sito hard, è un gioco da ragazzi. «Molte volte il mio ex aveva minacciato di vendicarsi diffondendo le mie foto intime, ma non avrei mai creduto che potesse farlo davvero. Mi è caduto il cellulare di mano e sono scoppiata a piangere».
Roberta è vittima di «revenge porn», ovvero della diffusione non consensuale di immagini intime e private, da parte dell’ex partner o di terzi, per vendetta o intimidazione. «È un fenomeno aberrante, ma in Italia il reato non è codificato, c’è solo una proposta di legge alla Camera. Invece in altri Stati il reato è stato inserito con un articolo ad hoc nel codice penale», spiega l’avvocato Simone Melina, specializzato in casi di diffamazione sui social. In Francia, ad esempio, il reato è punito con due anni di reclusione e una multa da 60 mila euro. In Australia le vittime non devono neppure andare nelle stazioni di polizia a denunciare: c’è un sito apposito, creato dal governo.
Dopo aver scoperto l’accaduto, Roberta ha presentato per tre volte denuncia ai carabinieri di Abbiategrasso. «Il mio ex ragazzo — un ventenne che vive in zona — ammetteva di aver pubblicato le foto, ma giurava di averle tolte. Dopo qualche tempo, però, saltavano fuori di nuovo. Persino un mio amico le ha viste e mi ha telefonato subito per avvertirmi». Il processo a carico del suo ex (che risponderà di diffamazione aggravata) comincerà in marzo. «Non so neppure descrivere come ci si sente, è come essere annientati, violati nell’intimo. Ancora oggi se viaggio sui mezzi, o magari in palestra, un uomo mi fissa con insistenza penso che sia per quel motivo. Ho trovato il coraggio di denunciare dopo essermi confidata con mia sorella. Raccontarlo ai miei genitori, poi, è stato difficilissimo, ma ora ho il loro sostegno e quello del mio nuovo compagno, a cui ho raccontato tutto subito. Era esterrefatto». La relazione con l’ex fidanzato accusato di aver postato online le immagini private, invece, era cominciata nel 2015 ed era durata un anno, tra alti e bassi. «C’erano segnali che avevo sottovalutato: le nostre litigate erano troppo violente». Dopo la fine della storia, il coetaneo ha continuato ad assillarla, arrivando a inviarle 9 mila messaggi tra WhatsApp e sms in sei mesi. «Voleva che tornassimo insieme, alternava parole d’amore a insulti e minacce. Seguiva i post che mettevo sui social o le amicizie che accettavo e me li rinfacciava. Mi seguiva senza farsi vedere, poi mi scriveva i luoghi in cui ero stata. L’ultima volta che l’ho incontrato è stato a giugno. Avevo accettato di vederlo e mi ha detto che aveva una nuova storia e nuovi interessi nello sport. Però voleva che uscissimo ancora e a quel punto ho rifiutato. Lui si è imbestialito ed è sparito. Per ricomparire con le foto». Ora lo rivedrà in Tribunale. «Non cerco vendetta, ma lui ha fatto una cattiveria gratuita. Penso alle ragazze vittime di “revenge porn” che sono arrivate a togliersi la vita dalla disperazione». Come Carolina Picchio o Tiziana Cantone.