«Il persecutore è vicino di casa»
Denunciò l’ex compagno per le botte. Ora l’uomo è libero e vive nello stesso palazzo
Aveva denunciato, fatto arrestare e condannare l’aguzzino. Ma adesso l’ex fidanzato di Anita è stato scarcerato. Ed è tornato a casa. Nello stesso cortile dove abita la vittima: «Io non vivo più».
L’appello
Voglio convincere le donne che non vanno alla polizia: fatevi aiutare dalle onlus
L’ha massacrata di botte fino a farle perdere conoscenza, accoltellata. Nell’androne. Sulle scale. Nel cortile del palazzo popolare dove vivono tutti e due: lei, Anita, cuoca 62enne, e il carnefice Antonio. L’ha ridotta in fin di vita. E Anita, ogni volta, l’ha denunciato. Ha continuato a farlo finché si è aperto un processo, durato anni. Nel 2017 la condanna è diventata esecutiva: dieci mesi. Pochi giorni fa, Antonio è uscito di cella. Ed è tornato a casa sua. In quello stesso palazzo dove abita la sua vittima.
Questa donna, forte e coraggiosa, ha scelto di confidarsi con il Corriere: «Ci penso quando vado a buttare la pattumiera, quando infilo le chiavi nel portone, quando sono a letto. Io ci penso sempre... Di notte, se sento un rumore sulle scale il cuore mi schizza in gola». Trema, Anita, ma non cede alla paura. E forse raccontare questa storia un po’ le serve per vincerla. «Un giorno al pronto soccorso del Niguarda mi ha avvicinato un’operatrice dell’associazione “Telefono donna”. Con lei ho trovato il coraggio di sporgere denuncia. Voglio convincere tutte le donne ancora indecise: fatevi aiutare da un Centro antiviolenza oppure non ne usciamo vive».
Inverno 2012, periferia Nord. Anita, divorziata, si era appena trasferita da Roma e lavorava in un ristorante. Solare, espansiva, curata («Mi volevo bene»). Un sabato mattina, mentre era a un banchetto del Comitato inquilini, aveva conosciuto Antonio. Piastrellista saltuario, in quel periodo disoccupato. Avevano cominciato a parlare in cortile fino a fare amicizia. La sera del 31 dicembre lui aveva suonato il citofono: «Ti spiace se salgo? Non voglio star solo». Era iniziata «una bella storia. Una bella storia d’amore, così almeno sembrava». Era durata fino al 2014 tra alti e bassi. «Ricordo ancora la prima sberla, avevo solo parlato con un altro vicino... Non potevo tollerare una cosa del genere, lo mandai via. Qualche giorno dopo inviò un messaggio: “Perdonami ti amo”. E lo amavo anch’io, lo perdonai...». Quello, però, era già l’inizio della tragica fine. Partirono le violenze. Bestiali.
Anita, quando racconta il suo passato, guarda dritto davanti a sé. Prova a staccarsi da quei ricordi, a parlarne come fosse un film vissuto da altri. «Quell’uomo controllava notte e giorno se veniva qualcuno a casa mia, bastava un’amica a scatenarlo... Geloso di tutti. Mi mandava messaggi umilianti, uno dopo l’altro. E sa qual è la conseguenza? Che finisci per vergognarti di te stessa... Finisce che ti si sgretola l’autostima, se a prenderla a picconate è uno cui hai voluto bene. Tanto bene».