Sofisticata a tinte dark Fever Ray al Fabrique
Corrado d’Elia: «Il mio Riccardo III hi-tech»
L’ascesa al potere come un allucinato videogioco. L’obiettivo è chiaro fin dall’inizio: impadronirsi della corona a qualunque costo. E Riccardo III ci sa fare nel superare i vari stadi del videogame con il joystick mentale della sua ambizione: conquistare Lady Anne, uccidere gli oppositori, ottenere il trono d’Inghilterra. Tra luci psichedeliche, incubo e realtà, il principe deforme che volle farsi re dirige, complotta, seduce e uccide, saltando di livello in livello in una progressione vertiginosa finendo per distruggere, oltre il suo mondo, anche se stesso. Game Over. È il bello di Shakespeare, ciò che ne fa un classico, la possibilità di accogliere le riletture più ardite senza perdere la sua essenza. Lo sa bene Corrado d’Elia che, con la sua compagnia, ha già messo in scena «Otello», «Romeo e Giulietta», «Macbeth» e «Amleto» per approdare ora, dopo uno studio realizzato una decina di anni fa, a «Riccardo III», in cartellone al Teatro Litta da stasera fino al 4 marzo. Comune denominatore: un linguaggio visionario, un ritmo veloce di taglio cinematografico, scene e costumi essenziali, un uso drammaturgico di luci e musiche e la mancanza di coordinate spazio-temporali agganciate a un preciso contesto storico. I luoghi delle azioni sono spesso luoghi della mente, dove labile è il confine tra sogno e realtà. «L’idea – dice d’Elia, regista, protagonista e autore dell’adattamento – è quella di eliminare la dimensione storico-filologica per mettere a nudo pulsioni primarie: la paura, l’odio, il sospetto, l’ambizione. Non trovo interessante, oggi, rappresentare il male con la deformità fisica di Riccardo. Oggi il male non si vede, si nasconde, ci spia. Per questo il mio Riccardo è smaterializzato, è solo una voce». Su un piano inclinato, con incastonate fredde luci a led dai colori fluo-videogame, si consumano intrighi e lotte di potere come se fossero, prosegue d’Elia, «una soggettiva continua, lo scanner di una mente perversa che si muove verso il compimento di un destino terribile, accompagnata dal refrain ossessivo del Tetris, il padre di tutti i videogiochi, elaborato in molteplici variazioni». Il testo di Shakespeare comunque c’è, giusto un po’ ridotto, ma lasciato intatto nel suo linguaggio, a testimoniare che in quei sentimenti archetipici si rispecchiano tutte le società, passate e presenti. In scena, fra gli altri, Andrea Bonati, Chiara Salvucci, Marco Brambilla, Paolo Cosenza. Claudia Cannella