Il Mondiale a calci e pugni
Sabato a Sesto i campionati iridati di Muay Thai, la boxe thailandese «Fatica e sacrifici ma pochi soldi»
Un anno fa a Monza la «Ring War» riempì il Palazzetto dello Sport. Un anno dopo la competizione nazionale e internazionale di Muay Thai, la boxe thailandese, torna in terra lombarda. Sabato sera al Palasesto di Sesto San Giovanni tra le sedici sfide in programma per la prima volta si assegnerà anche il titolo mondiale di Muay Boran, l’arte marziale madre di questo sport, detta a mani cordate, con i bendaggi al posto dei guantoni. In lizza per la cintura rossa, il campione in carica, il francese Abdel Alikada, e il campione di Thailandia Newwanghjan Pakornpornsurin. Si prevede il tutto esaurito. Non mancherà la copertura televisiva.
A introdurre l’evento è Diego Calzolari, 39 anni, bolognese, dirigente del settore Muay Thai della Federazione Italiana Kick Boxing Muay Thai e Savate. Uno tra i pionieri in Italia (tre mondiali vinti) e che nella sua palestra De Gym a Sesto ha realizzato «l’unico campo di allenamento dedicato solo al Muay Thai». Duecento gli iscritti. Come spiegare ai neofiti questa disciplina? «Originaria della Thailandia, è l’unica arte marziale che ha come palco il ring — afferma Calzolari — ed è chiamata l’arte delle otto armi perché si può colpire con mani, gomiti, ginocchia e piedi». Nella Boran anche con la testa. Si potrebbe pensare a una lotta all’ultimo sangue. E invece «nel Muay Thai l’obiettivo non è demolire l’avversario — continua il dirigente federale —. Se all’ultimo round sei in netto vantaggio, allenti i colpi o ricorri a combinazioni meno pericolose». Cinque round di tre minuti per assegnare i titoli mondiali, tre negli altri tornei. Si vince a punti o per k.o. Prima di ogni sfida, non manca la danza rituale dei due contendenti. «Muay» e «Thai» significano «lotta del popolo libero: la Thailandia è l’unica terra del Sudest asiatico mai colonizzata».
In Italia la disciplina si diffonde tra gli anni ‘80 e ‘90 con i seminari tenuti dai maestri thailandesi e dagli atleti francesi. Nel 1994 i primi match a Bologna e Roma, mentre gli atleti italiani si trasferiscono per allenarsi in Francia e Olanda. Milano entra in gioco con il nuovo millennio: i primi scontri al Palalido. E gli italiani cominciano a combattere alla pari dei maestri. La Nazionale cresce insieme a Calzolari, viene riconosciuta dal Coni nel 2010, «anche se a volte mancano i numeri per selezionare atleti in tutte le categorie». Il movimento comunque cresce «del 25% all’anno: oggi ci sono 150 mila praticanti in tutta Italia, 23mila dei quali tesserati alla Federazione, 7 mila in Lombardia, 2.500 a Milano». Ottantacinque le associazioni lombarde che operano in circa 2 mila palestre, 400 gli insegnanti, 60 dei quali su Milano. Cresce la partecipazione femminile. Sabato ci sarà anche il match tra due campionesse: Chiara Giusti e Jessica Puglisi. L’etica alla base del Muay Thai conquista le scuole. Si fa lezione in classe o le scolaresche vengono in palestra. «Imparano spirito di sacrificio e rispetto reciproco». Si campa di questo sport? Per le competizioni è previsto il rimborso spese. I campioni italiani solitamente hanno un altro lavoro. Uno degli sfidanti di sabato, Luca Tagliarino, già vicecampione mondiale, lavora in un’azienda di programmazione a Sesto».