Caso San Paolo primari in rivolta
L’associazione di categoria difende il medico nel mirino
Primari in rivolta dopo lo scandalo delle biopsie al San Paolo. La loro convinzione è che del fatto, grave e inaccettabile, devono rispondere i vertici sanitari, non il singolo primario: «La responsabilità per quel che è successo va ricondotta all’apparato amministrativo. La sua efficienza e capacità, invece, viene raramente valutata, se non quando scoppiano scandali e talvolta nemmeno lì».
L’associazione di categoria dei primari ospedalieri (Anpo) interviene con una lettera al Corriere sul caso dei referti di quasi mille esami per la diagnosi di sospetti tumori rimasti fermi per mesi. Un episodio increscioso, su cui sta cercando di fare luce una commissione d’inchiesta voluta dall’assessore alla Sanità Giulio Gallera. È lui il primo ad assumere una posizione ferma il 9 febbraio, a poche ore dalla denuncia dei fatti: «I vertici del San Paolo hanno una responsabilità innegabile e dovranno rispondere del loro operato». Subito dopo il direttore generale dell’ospedale, Marco Salmoiraghi, rimette il mandato (non c’è nessuna lettera di dimissioni, ma la disponibilità del manager a fare un passo indietro). E due giorni fa trapela l’ipotesi di sostituire il primario Gaetano Bulfamante: il capo del laboratorio di anatomia patologica andrà, salvo sorprese, a occuparsi a tempo pieno della specialità di cui risulta tra i massimi esperti, la diagnostica delle patologie feto-placentari; mentre il suo posto sarà occupato da un nuovo primario (la questione è al centro di diverse riunioni tra il direttore generale del San Paolo Marco Salmoiraghi e il rettore della Statale Gianluca Vago). In questo contesto si inserisce la presa di posizione dell’Associazione nazionale dei primari ospedalieri guidata in Lombardia da Carlo Montaperto: «Il prof. Bulfamante, anatomo patologo di fama, è individuato, prima ancora che si chiudano i lavori della commissione di indagine nominata dall’assessore Gallera, come il responsabile del grave disservizio delle oltre 900 indagini cito-istologiche (biopsie) che hanno accumulato ritardi diagnostici di oltre due mesi. La sua colpa è di non avere sostituito i medici che nel giro di pochi mesi si sono dimessi dal laboratorio di analisi — scrive Montaperto —. Ma un primario non può sostituire né assumere nessuno, può solo segnalarlo, con più o meno veemenza, preoccupazione e determinazione, ma può solo segnalarlo. Ad acquisire il personale è una struttura che espleta concorsi e incarichi, su input della direzione generale, a sua volta vincolata a disposizioni di bilancio».
Qui arriva l’affondo: «Dalla comunicazione all’espletamento sono passati molti mesi (dal 26 luglio al 9 febbraio,
La responsabilità va ricondotta all’apparato amministrativo. Assumere con un anno di ritardo medici e in numero inferiore a quanto richiesto è un vecchio trucco per risparmiare soldi e far quadrare bilanci sulla pelle del paziente che deve attendere pazientemente. Regione Lombardia, in corso d’anno, nel 2017 ha imposto una riduzione del costo di personale a molte aziende sanitarie, per mantenere in equilibrio il bilancio regionale. Le direzioni generali si sono rapidamente adeguate (per mantenere il loro posto!). È qui che va, quindi, cercato il livello di responsabilità o meglio di irresponsabilità».
L’accusa è pesante: «Nei vertici ospedalieri manca il coraggio morale e il senso di responsabilità per opporsi all’iniquo e vedere oltre la scadenza del proprio incarico». Resta ora da capire quel che l’assessore Gallera — conclusioni della commissione d’inchiesta alla mano — deciderà di fare per porre fine alla questione.