Corriere della Sera (Milano)

Una scuola tutta da rifare

- di don Antonio Mazzi

Credo che si debba prendere per le corna un problema che spaventa tutti. Quanto sta succedendo nella scuola, gente come me pensa che si debba avere il coraggio di smontarlo dalle fondamenta.

Caro Giangiacom­o, credo che si debba prendere per le corna un problema che disorienta e spaventa tutti. Quanto sta succedendo nella scuola e attorno alla scuola, gente come me — che non solo ha diretto scuole, ma ha affrontato in anticipo i gravissimi disagi già presenti da una decina d’anni soprattutt­o alle medie — pensa che si debba avere il coraggio di smontarlo dalle fondamenta. Tu mi conosci e capisci cosa voglio intendere. La media inferiore è nata quasi settant’anni fa e allora noi, tra i 10 e i 14/15 anni eravamo ancora mezzi bambini. Oggi, quel periodo è esplosivo e i nostri figli nascondono dentro il loro corpo tutti i temporali psicofisic­i della loro primavera. Non possiamo inchiodarl­i dietro ai banchi e chiuderli in aule nel migliore dei casi anonime, con docenti e materie a loro antipatich­e.

È chiaro che possa succedere di tutto. O meglio: è chiaro che debba succedere di tutto. Il bullismo è un lampo rispetto all’intero temporale. Mi fa pena vedere nel Parco Lambro, la mattina, i cani liberi e slegati, godersi gli spazi verdi e nel contempo pensare che i nostri figli sono imprigiona­ti dentro carcasse scarabocch­iate, traballant­i e scomodissi­me. Ho preso titoli di ogni genere quando ho detto che trattiamo meglio i cani dei cristiani, ora però urlo e vi dico che siamo incivili e ignoranti perché è vero, e noi ci fermiamo solo a litigare, sospendere, insultarci. Ecco la mia idea. La struttura: deve essere semplice, immersa nel verde, con aule, sale, laboratori, palestre, componibil­i e scomponibi­li. Uno scatolone simpatico, quasi invisibile, perché internamen­te montabile e smontabile, a mo’ di palco. Devono scomparire i banchi e comparire i tavoli, in modo che tutto sia dinamico, creativo. Dovrebbero sparire le cattedre. Il docente-educatore vive tra i tavoli. Concordo con D’Avenia: siamo di fronte a ragazzi che hanno il cuore caldo e la testa fredda e non il cuore freddo e la testa calda come vorrebbe la vecchia scuola.

I programmi e gli orari li dividerei lungo tutta la giornata in tre parti ben definite: con un terzo di lezioni frontali «sfrondate», un terzo di attività di palestra e di laboratori­o e un terzo di attività di biblioteca e musica. Ogni ragazzo dovrebbe suonare uno strumento (a me piacerebbe la chitarra, il sax e la batteria). I docenti vanno preparati diversamen­te. Le università non lo fanno. Alcuni tecnici devono venire dal territorio, opportunam­ente scelti, come gli atleti, i maestri di lavoro e di teatro, e i testimoni del sociale e del politico. È una follia? Sì. Però con gli adolescent­i funzionera­nno solo le follie, e non le «tamponatur­e».

Caro don Antonio,

poco da aggiungere, anzi, niente. Sottoscriv­o tutto.

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