Se il primo violino è una giovane donna
Ritratto di Laura Marzadori prima parte alla Scala «Amo il gioco di squadra»
Sembra lontanissimo il 1985, quando i Berliner Philharmoniker si ribellarono a Karajan perché voleva come primo clarinetto Sabine Meyer; il motivo non fu dichiarato ma era palese: era donna. Oggi sono tante le musiciste presenti nelle grandi orchestre, ma fa comunque una certa impressione vederne una ricoprire alla Scala il ruolo più esposto e prestigioso, il primo violino di spalla. Laura Marzadori, 29 anni compiuti il 9 gennaio, lo fa quasi da quattro anni. «Ho vinto il concorso il 3 marzo 2014 — racconta —; c’era Barenboim in commissione, fu lui a scegliermi e nacque una bella intesa; la prima volta come spalla fu con Dantone, con Daniel ho fatto la Nona di Mahler e il Fidelio». In realtà aveva già partecipato al concorso a fine 2013, ma il posto non fu assegnato: «Non avevo mai suonato in un’orchestra professionale, ma nonostante la totale inesperienza forse intuirono in me delle capacità, visto che nei mesi fino al nuovo concorso mi fecero dei contratti per alcuni concerti alla Scala». Non tutto comunque fu da buttare, in quel primo tentativo: «Al mio primo giorno in Scala conobbi Eugenio, violista anche lui a contratto; ci siamo fidanzati, oggi viviamo insieme nell’hinterland milanese».
Prima di Laura la Scala aveva avuto una sola spalla donna, Anahi Carfi. «Eppure quando è uscito il concorso non ho avuto dubbi: non per il talento ma perché mi è sempre piaciuto di più suonare assieme agli altri che da sola. Forse è perché sono cresciuta alla scuola Suzuki, dove si impara a suonare prima ancora di leggere e appena si sa suonare lo si fa in orchestra». L’ha frequentata dai 3 ai 12 anni «perché mamma era fisico nucleare e papà antiquario, ma amavano molto la musica e l’ascoltavano in casa. Suonano anche le mie sorelle, viola e violoncello». Poi il Conservatorio dove si diploma a 16 anni vincendo anche il concorso di Vittorio Veneto. Eppure, nonostante le piacerebbe suonare gli a soli di «Vita d’eroe» di Strauss e della «Missa solemnis» di Beethoven, «non ho voluto continuare la carriera solistica perché mi sento più libera quando posso suonare con gli altri. E sto imparando tanto dai grandi direttori che salgono sul nostro podio: sento una sintonia speciale con Chung, con cui ho fatto “Simon Boccanegra” e ho suonato al Teatro Grande di Brescia, lui al piano e io in un ensemble d’archi». La sua presenza non è passata inosservata neppure per il look: «Mi piacciono lo shopping e la moda, genere un po’ aggressive. Adoro le borchie, quelle di Gucci in particolare, e poi mi divertono i pantaloni e le magliette con i “tagli”». Non in concerto ovviamente, dove Laura è sempre impeccabile. «Però i capi da orchestrale costano una fortuna! Per fortuna un atelier di via Manzoni, Emé, ha deciso di offrirmi gli abiti da concerto: sono bellissimi».