Gli gnocchi di Mozart
Un grazioso libretto ricostruisce i viaggi in Lombardia del musicista Tra aneddoti di vita quotidiana, incontri, feste di matrimonio e opere
Sui viaggi di Mozart in Italia molto è stato scritto ed esposto in mostra. Il grazioso libretto «Mozart in Lombardia» del musicista e divulgatore Ennio Cominetti, che ora si aggiunge (Unicopli), non presenta dati che emergono da nuovi documenti; racconta però con ricchezza aneddotica e qualità nella scrittura il passaggio del divin salisburghese tra i nostri progenitori.
Vediamone alcuni aspetti forse meno esplorati o curiosi. Intanto, il padre porta Amadeus a Milano perché ha il solito «gancio»: il plenipotenziario della Lombardia austriaca è il conte Carlo di Firmian, guarda caso fratello del prelato Anton Firmian, datore di lavoro di papà Leopold a Salisburgo. Durante il primo viaggio del 1770, il 12 marzo Mozart esegue a Palazzo Melzi, residenza di Firmian, le arie «Misero pargoletto» e «Fra cento affanni» (il Salzburg Festival potrebbe riproporle). Strappa una tabacchiera e un contratto per un’opera; poi parte per Lodi. Torna a Milano il 26 dicembre per mettere in scena «Mitridate re del Ponto» (subito una ventina di repliche) con — e ciò impressiona — un sontuoso organico orchestrale.
Cominetti arricchisce di particolari ogni episodio del soggiorno mozartiano: personaggi, cronache dai giornali, persino menù. A Canonica d’Adda, Amadeus si fa preparare gnocchi di pane e fegato con crauti, nostalgia salisburghese. L’«Ascanio in Alba», rappresentato il 17 ottobre 1771 nel teatro di Palazzo Ducale (ora Reale) è, in fondo, un’arcadica metafora della città che sale grazie all’imprenditorialità: gli alberi diventano colonne e la Milano dell’Illuminismo è la nuova Albalonga grazie a Ferdinando figlio di Maria Teresa (Ascanio) e alla novella sposa Maria Beatrice Ricciarda d’Este (Silvia). L’abate Parini — a lui, appunto, «non ombre pose / tra le sue mura la città, lasciva / d’evirati cantori allettatrice…» —, scrive il libretto dell’opera e fa il cronista della festa di matrimonio dei due (allestimenti by Giuseppe Piermarini, non un weddingplanner qualunque), durata una settimana. Mozart riparte con un orologio d’oro.
Tertium datur: padre&figlio sono ancora a Milano il Santo Stefano del 1772 per mettere in scena «Lucio Silla» su libretto di Giovanni de Gamerra, un poeta davvero ambizioso visto che pensò di scrivere un’opera su tutti i cornuti della terra: si fermò a sette volumi! Ricordiamo che il 17 gennaio 1773, nella chiesa di Sant’Antonio, Wolfgang esegue anche il mottetto «Exsultate, jubilate» per il celebre castrato Venanzio Rauzzini.
Un capitolo interessante è dedicato dall’autore alla musica nella Milano nel Settecento: si viene a sapere che il «Te Deum» cantato il 15 settembre 1771, sempre per le nozze tra Ferdinando e Maria Beatrice, era stato composto da Gianandrea Fioroni, maestro di Cappella del Duomo. Un altro capitolo del libretto è dedicato al viaggio a Milano del musicologo inglese Charles Burney negli stessi mesi di Mozart. L’unico figlio di Mozart che a lungo sopravvive è Carl Thomas (1784), che dopo aver studiato a Milano con Bonifazio Asioli resta nella nostra città dove muore nel 1858: la sua lapide è ancora visibile al Monumentale.