L’occhio sensibile di Angela
Addio alla regista Ricci Lucchi che con Gianikian creò un nuovo tipo di cinema
Avrebbe dovuto presentare i suoi ultimi lavori al Festival di Rotterdam e poi a Mosca, ma la malattia con cui ha lottato negli ultimi due anni glielo ha impedito: Angela Ricci Lucchi si è spenta martedì notte assistita dal marito e complice Yervant Gianikian. Insieme si erano imposti nel mondo del cinema con la loro personalissima ricerca estetica, apprezzata all’inizio più all’estero che in Italia — non si contano le rassegne e gli omaggi del Museum of Modern Art di New York, del Beaubourg e della Cinémathèque di Parigi, del British Film Institute di Londra — ma poi applaudita anche da noi (Hangar Bicocca aveva dedicato loro una grande esposizione, il Mart di Rovereto li aveva invitati così come la Biennale d’Arte).
Nata nel 1942 a Lugo di Romagna, Angela Ricci Lucchi aveva studiato pittura a Vienna con Kokoshka e si era poi dedicata ai video d’arte. È in occasione di una ricerca sul tema della rosa, all’inizio degli anni Settanta, che incontra Yervant Gianikian, iniziando un sodalizio artistico e privato che si è spezzato solo due giorni fa. Dopo i primi lavori sperimentali, sulla possibilità di coinvolgere tutti i sensi attraverso il cinema (gli anni dei «film profumati» che trovarono un primo estimatore nello stilista Walter Albini), iniziano a lavorare su vecchi film muti, ri-filmati fotogramma per fotogramma per mettere in evidenza aspetti che a una prima visione potevano sfuggire: un lavoro estetico ma anche ideologico, che rivela quel che di «involontario» o di «inconscio» veniva impressionato sulla pellicola. Senza l’aggiunta di parole ma spesso con accompagnamenti musicali. Nascono così «Dal polo all’equatore», sul colonialismo, la trilogia della Grande guerra («Prigionieri della guerra», «Su tutte le vette è pace» e «Oh! Uomo»), la riflessione sul genocidio armeno («Uomini anni vita» e «Ritorno a Khodociur»), e sulle colonie fasciste («Paese barbaro») fino agli ultimissimi lavori sulla cultura russa e lo stalinismo («A propos de nos voyages en Russie») per cui Angela aveva realizzato i suoi ultimi bellissimi disegni.