«Qui si scambiano idee Ho scelto di dire no all’offerta di Princeton»
L’assegnista Maiuri: sfatiamo il mito degli Usa
Assegnista di ricerca al dipartimento di Fisica del Politecnico, Margherita Maiuri, 30 anni, ha detto di no alle sirene di Princeton dove pure ha svolto il post-dottorato. «A Milano ci sono una comunità scientifica e laboratori che non hanno nulla da invidiare alle accademie americane». Riavvolgiamo il nastro, come è finita al Politecnico?
«Dopo il diploma al liceo Sannazzaro di Napoli, volevo una università che rispecchiasse la mia passione per le materie scientifiche e mi concedesse in prospettiva più sbocchi nel mondo del lavoro. Ho scelto Ingegneria fisica». Cosa le ha dato?
«Un metodo di studio rigoroso, il confronto con docenti e studenti di alto profilo. E ho
cominciato a lavorare con il professore Giulio Cerullo, mio attuale supervisore». Voto per la tesi di laurea?
«Ho preso 110 e lode sulla Spettroscopia ultraveloce su carotenoidi fotosintetici. Come molecole organiche lineari che si trovano in alcune piante assorbano l’energia nei processi fotosintetici». Dopo?
«Dottorato in Fisica al Politecnico. Ho cominciato a studiare come le molecole reagiscono agli stimoli luminosi, replicando l’effetto che il sole innesca sulle piante». Esperienze all’estero?
«Durante la laurea magistrale sono stata visiting student ad Harvard. Nel dottorato ho fatto ricerca a Vienna, Zurigo e Heidelberg».
Nel 2015 ha vinto l’Eni award per la tesi di dottorato nel campo delle energie rinnovabili. Come è tornata in America?
«Grazie a una borsa Marie Curie all’interno dei progetti Horizon 2020 finanziati dalla Commissione europea ho potuto svolgere il post-dottorato per un periodo di due anni a Princeton. Da novembre proseguo al Politecnico».
Le sono arrivate proposte per fermarsi? «Ho ricevuto offerte per tornare in America». E ha detto no?
«Al Poli mi trovo molto bene. In America sei in un ambiente al top, a contatto con i Nobel. Ma tra i ricercatori c’è un approccio troppo individualista, il che può costituire un freno alla ricerca. Uno scambio di idee, invece porta a migliorarsi e ad ampliare il raggio di azione. Al Politecnico c’è una comunità unica. E l’ateneo ha infrastrutture e strumentazioni laser competitive anche con quelli americani. Forse qui mancano fondi e spazi per i giovani ricercatori. Ma anche negli Usa non è sempre facile trovare le risorse per fare ricerca».
Hi-tech
L’ateneo ha strumenti che possono competere con quelli americani