Gioele Dix in scena al Franco Parenti con «Cita a ciegas» di Mario Damient Un testo ispirato a Jorge Luis Borges
Va in scena al Parenti la pièce «Cita a ciegas» di Mario Diament diretta da Andrée Ruth Shammah e ispirata allo scrittore argentino
«Mi sono presa una cotta, è una cosa pericolosa, può diventare un’ossessione». Lo ripete più volte Andrée Ruth Shammah che, dopo aver letto «Cita a ciegas» di Mario Diament, di cui firma traduzione, adattamento e regia, ha preso un aereo ed è volata a Buenos Aires. Non per incontrare il settantacinquenne autore, ma anche saggista romanziere, traduttore e sceneggiatore, che ormai da tempo vive a Miami, bensì per sentire le atmosfere e i luoghi in cui è ambientata la pièce, «che ho voluto lasciare con il titolo originario perché in italiano “Appuntamento al buio” fa subito pensare a un B movie». I luoghi in realtà sono uno solo: la panchina di un parco di Buenos Aires, dove un anziano signore cieco è solito godersi l’aria mattutina. È un famoso scrittore e filosofo, chiaramente ispirato a Jorge Luis Borges che in Argentina, nonostante la complessità del suo pensiero, è popolare come una star del calcio. Intorno a lui ruota «Cita a ciegas», considerato il capolavoro di Diament, rappresentato in tutto il mondo con successo e ora per la prima volta in Italia, da stasera al Parenti, che lo produce insieme alla Fondazione Teatro della Toscana.
«La trama è molto borgesiana, costruita su incroci e mondi paralleli», dice Gioele Dix, cui tocca l’impervio ruolo dello scrittore cieco. «È un testo apparentemente statico, in realtà animato da dinamiche affascinanti». Quell’uomo, infatti, non più in grado di guardare il mondo, vede e capisce più di chiunque altro e grazie a lui si arriverà al disvelamento delle identità degli altri personaggi in un gioco labirintico di rimandi, ca- sualità, legami e incontri. Un thriller dell’anima non privo di umorismo, ma con finale tragico. Il primo a sedersi accanto a lui su quella «psicanalitica» panchina è un bancario in crisi di mezza età (Elia Schilton), innamorato di una giovane scultrice assai sfuggente (Roberta Lanave), sebancario condo casuale incontro dello scrittore, al quale racconterà la sua storia con un uomo maturo, il bancario della scena precedente. Poi ci si sposta nello studio di una psicoterapeuta (Sara Bertelà) in dialogo con una paziente infelice (Laura Marinoni): la prima si scopre essere la moglie del e la seconda la madre della scultrice. Nella scena dopo la psicologa ha un’amara discussione con il marito bancario, mentre il cerchio si chiude, sulla panchina del parco, quando lo scrittore incontra la paziente, scoprendo in lei la donna incrociata molto tempo addietro sulle scale mobili di una metropolitana parigina, colpo di fulmine mai consumato. «Il buio è uno stato dell’anima condiviso da tutti i personaggi», concludono Bertelà a Marinoni, «così come le passioni che non riescono a vivere, con risvolti tragicomici uniti al realismo magico di tanta letteratura sudamericana».
Numerosi gli appuntamenti su Buenos Aires e dintorni a corredo dello spettacolo: incontri sulla letteratura contemporanea argentina (11, 13, 14, 15, 16, 18 e 18 marzo), uno spettacolo di tango (12 marzo), due seminari (13 e 19 marzo), fumetti (15 marzo), una mostra (dal 13 al 18 marzo), una degustazione e un brunch (17 e 18 marzo).
La regista
Mi sono presa una cotta per questo testo. È una cosa molto pericolosa perché può diventare un’ossessione