Stalking e molestie, nove blitz al giorno
«Correte, papà picchia la mamma»: la violenza raccontata dalle telefonate dei piccoli
di Cesare Giuzzi
Sono telefonate incredibilmente lucide. Bambini di otto o dodici anni che chiamano il 113 mentre nell’altra stanza papà sta massacrando la mamma. In sottofondo si sentono le urla. Le grida disperate: «Correte vi prego». E sono voci che non lasciano indifferenti neanche gli agenti: «Certe telefonate le porti dentro». Ecco il lato nascosto delle violenze domestiche: 568 interventi in due mesi.
Bambino: «Per favore, potrebbe mandare una pattuglia perché mia mamma e mio papà stanno litigando. E mio papà sta picchiando mia mamma».
Operatore 113: «Mi dai il tuo piano e la tua scala così arriviamo subito?».
Bambino: «Abitiamo in scala A, primo piano».
Altra telefonata, stavolta la voce è quella di una bambina. In sottofondo si sentono le urla di una donna. Urla disperate. La chiamata dura pochi secondi:
«Aiuto! Sta picchiando mia mamma, aiuto!».
Sono le voci dei bambini, quelle di figli che neppure hanno dieci anni ma sono più grandi della loro età, a raccontare davvero cosa si nasconda dietro le oltre 4 mila liti in famiglia che hanno richiesto lo scorso anno l’intervento delle volanti della polizia. Quasi 9 al giorno, 568 solo da inizio anno, con 12 arresti e un allontanamento d’urgenza verso una casa familiare. L’ultimo caso è di due giorni fa: un marocchino di 47 anni arrestato per maltrattamenti nei confronti della moglie in largo Rapallo, a Niguarda.
Non sono semplici violenze domestiche. Perché non si esauriscono dentro le mura di casa. È una violenza che si porta addosso, un dolore che accompagna le vittime ogni secondo, un male quotidiano. che colpisce tutti: donne, bambini e anche animali. «Perché quando entriamo in casa dopo una lite in famiglia uno degli indicatori ai quali prestiamo attenzione è anche lo stato degli animali domestici — spiega il dirigente dell’Ufficio prevenzione generale della Questura, Maria José Falcicchia —. In una casa dove ci sono liti frequenti, o dove c’è stata un’aggressione, cani e gatti sono impauriti, nascosti. Terrorizzati».
La dirigente è una delle ideatrici del «modulo Eva», un protocollo specifico sulle violenze domestiche creato dalla questura di Milano e diventato uno standard per le polizie di tutta Italia. «A un certo punto ci siamo fermati. Abbiamo guardato i numeri — spiega Falcicchia — e ci siamo resi conto che erano i numeri di una guerra».
Una guerra quotidiana, silenziosa, coperta da un muro di silenzi difficili da violare. E a volte a farlo sono solo i bambini, i figli di donne così terrorizzate da non riuscire a chiedere aiuto: «Quelle telefonate al 113, le voci dei bimbi, te le porti addosso anche fuori dall’ufficio. Non puoi cancellarle. Allora capisci che ciò che sta succedendo in casa non è un problema solo di quella famiglia, ma è anche tuo». Il direttore centrale anticrimine della polizia, Vittorio Rizzi, che a Milano è stato anche capo della squadra Mobile, parla della necessità di «una rivoluzione culturale» che coinvolga non solo vittime, agenti, magistrati e operatori, ma chiunque. E lo fa dal palco del Vodafone Village dove va in scena il convegno «Questo non è amore», organizzato dalla polizia in vista dell’8 marzo. Grazie al «modulo Eva» sono state raccolte in tutta italia 5.488 segnalazioni. Le vittime di maltrattamenti e stalking sono per la maggior parte donne. «Ma c’è una percentuale di uomini, non dimentichiamolo».