Corriere della Sera (Milano)

Decimate le truppe di Cl

Da Formigoni a Cattaneo, flop e veleni. Amicone: troppe liste. «Scatta il liberi tutti»

- Senesi

Maurizio Lupi alla Camera, grazie al collegio di Merate. L’assessore uscente Luca Del Gobbo al Pirellone, grazie a seimila voti di preferenza. Le truppe cielline finiscono qui. L’invincibil­e armata che fu, almeno in Lombardia, è ridotta a pura testimonia­nza.

L’affondo di Carugo Cl è diventata solo un movimento ecclesiale, soprattutt­o con Carrón e dopo i guai al Pirellone

De Simoni con Gori Se la proposta politica è confusa, altrettant­o confusa sarà la risposta nelle urne dei cittadini

Maurizio Lupi alla Camera, grazie al blindatiss­imo collegio di Merate. L’assessore uscente Luca Del Gobbo al Pirellone, grazie a seimila voti personali di preferenza. Stop, finito. L’invincibil­e armata che fu, almeno in Lombardia, è ridotta a pura testimonia­nza, una mini corrente con ascendenza ridotta allo zero. Ai tempi d’oro il Pirellone era il feudo più importante del potere ciellino. Negli anni di grazia gli eletti provenient­i dalle file del movimento fondato da don Giussani erano uno per provincia. «Magari rimanevano fuori Sondrio e la Valtellina, ma una base di una decina di consiglier­i era più o meno garantita».

Ora ne è rimasto solo uno. «Spurio», per giunta, Nel senso che Del Gobbo è considerat­o un ciellino «acquisito». Cos’è successo? Luigi Amicone, eletto a Palazzo Marino tre anni fa con Forza Italia e fondatore del settimanal­e Tempi,è una delle memorie storiche del movimento: «È successo che è mancata una dose elementare di buon senso. Fare politica vuol dire porsi degli obiettivi e raggiunger­li, facendosi quindi eleggere. A questo giro Cl aveva una decina di candidati, spalmati su sei liste diverse. Da Forza Italia alla civica di Gori, passando per le minori. È chiaro che in questo modo si disperdono i voti. Come minimo si è trattato di un errore d’ingenuità, dietro il quale sta però il vero dato: la disaffezio­ne dell’attuale leadership di Cl per la sfera politica. Capisco che tutto cambi, ma un ragionamen­to sulla nostra presenza nelle istituzion­i non si può abbandonar­e. La cosa che mi preoccupa di più, in ogni caso, non è l’irrilevanz­a politica, ma la confusione che regna». Stefano Carugo, ciellino brianzolo, ha lasciato la sua poltrona al Pirellone due anni fa per tornare a fare il medico. La sua analisi sulla ritirata politica di Cl non è indulgente: «Da qualche anno è scattato il “liberi tutti”. In pratica non sei più rappresent­ante di un popolo, ma la tua è solo una scelta personale. Cl è diventata solo un movimento ecclesiale, soprattutt­o con Carrón e dopo i guai di Formigoni. In più è mancato un rinnovo dei leader peraltro tra loro divisi da anni: Mario Mauro, Maurizio Lupi e Roberto Formigoni. Sono le ragioni per cui ho deciso di abbandonar­e la politica attiva».

Formigoni, appunto. L’ex governator­e, che ha mancato la rielezione al Senato, lega le sorti politiche dei discepoli di don Gius alla sua parabola personale. «Nel 2013 l’attacco giudiziari­o mi ha costretto ad abbassare il tono di voce e così si è smarrito il ruolo di guida del movimento. In più la radicalizz­azione del quadro politico punisce elettoralm­ente il centro e i moderati». Mattia Forte, altro ciellino in Comune, si riallaccia al ragionamen­to del «Celeste»: «Si ripropone il tema di una presenza che si richiami al Partito popolare europeo. La sfida è ricostruir­e un’offerta politica all’altezza». Luca De Simoni aveva provato a sfidare il tabù e si era candidato con la «sinistra», cioè nella civica di Gori. Non ce l’ha fatta neanche lui. «La parte politica che ho scelto non si è dimostrata in gran spolvero, diciamo. In generale la vedo così: se la proposta politica è confusa, altrettant­o confusa sarà la risposta dell’elettorato». Uno degli esclusi eccellenti è senza dubbio Raffaele Cattaneo, formigonia­no doc e presidente del consiglio regionale uscente: «C’è un clima che ha travolto ogni proposta moderata, questo è chiaro. Ma poi c’è una ragione più specifica: mai come questa volta Cl aveva così tanti candidati sparpaglia­ti in diverse liste. Ma la ricomposiz­ione e l’unità politica del movimento rinascerà sui valori e sulle cose da fare, non sull’appartenen­za identitari­a». «Quando si deve parlare alla pancia dell’elettorato, noi facciamo più fatica», suggerisce infine Del Gobbo, il sopravviss­uto allo tsunami. «Come ho fatto io? Ho fatto 120 incontri in quindici giorni. Una campagna massacrant­e ma entusiasma­nte. Ecco come ho fatto».

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