Corriere della Sera (Milano)

Alla Scala

Diana Damrau canta Wolf e Strauss

- di Giuseppina Manin

Passioni Amo tutta la musica anche quella pop Tornerò presto alla Scala con un’opera francese

La somiglianz­a è innegabile. Capelli biondi, carnagione di porcellana, naso aristocrat­ico, sorriso dolce e spiritoso. Definire Diana Damrau la Meryl Streep della lirica non è un azzardo. E come Meryl anche Diana è versatile, capace di passare da ruoli lievi e ironici quali la Contessa delle «Nozze di Figaro» alla straziante vitalità di Violetta alla follia amorosa di Lucia di Lammermoor. O dare anima a quei vertici emozionali di poesia e musica che sono i Lieder. Questa sera alla Scala Damrau ne darà prova in un recital che la vedrà cimentarsi, accompagna­ta al piano da Helmut Deutsch, in una raffinatis­sima selezione da Italienisc­hes Liederbuch di Hugo Wolf seguiti da alcuni di Richard Strauss, compresi i celeberrim­i 4 Letzte Lieder.

«Quelli di Wolf, scritti per voce maschile e femminile, li ho appena cantati in tour europeo con Jonas Kaufmann — ricorda —. Un’alternanza di temi ed emozioni che intreccian­dosi esplorano tutti i sentimenti della vita di coppia. Stavolta invece sarò sola e quindi racconterò l’amore, i suoi palpiti, le sue malinconie, dal punto di vista di lei».

Quanto al capitolo straussian­o, memorabile resta la sua interpreta­zione degli Ultimi quattro Lieder, sempre alla Scala, due anni fa nel concerto diretto da Kirill Petrenko. «L’eseguirli ora con il solo pianoforte conferirà un’atmosfera diversa, più intima e meditativa. L’orchestra non mancherà, vedrete!», assicura la soprano bavarese confessand­o di ritrovarsi al termine di questa prova sempre in lacrime. «Sono le ultime composizio­ni di Strauss, il suo congedo alla vita attraverso le voci della natura, della notte, del bosco... I versi delle prime tre sono di Herman Hesse, mentre l’ultima, “Al tramonto”, del poeta von Eichendorf­f, è un addio struggente, un andare incontro alla fine con dolcezza, quasi con desiderio, dopo tanto spossato vagabondar­e. La domanda dell’ultimo verso: è questa forse la morte? È talmente vera e bella e dolorosa che non si può cantare e ascoltare senza restarne turbati».

Nei prossimi mesi l’attendono due debutti impegnativ­i. «Una nuova Traviata al Metropolit­an con Juan Diego Florez e l’apertura di stagione all’Opéra di Parigi ne Les

Huguenots di Meyerbeer con la direzione di Michele Mariotti».

Ma cantare alla Scala resta un’altra cosa. «Due sette dicembre al Piermarini non te li puoi scordare», scherza ripensando ai brividi e agli applausi dell’«Europa riconosciu­ta» con Muti e della «Traviata» con Gatti. Un ritorno è già in vista. Titolo ancora top secret. «Ma sarà un’opera francese», svela. La musica è la sua vita. «La amo tutta, anche quella pop. A casa mia, a Ginevra, la musica risuona tutto il giorno. I miei due bambini, di 7 e 5 anni, cantano e ballano su ogni tipo di melodia. E io con loro».

La sua «sosia» Streep ha aderito al movimento «Me Too». Le molestie sessuali sono una forca caudina anche all’opera? «Beh non esiste solo il divano del produttore, anche i direttori d’orchestra ne hanno sempre uno dei loro camerini — ride —. L’importante è tenersi alla larga. Noi donne, attrici o cantanti o di qualsiasi altro mestiere, dobbiamo imparare a dire no».

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