Corriere della Sera (Milano)

Palazzo Citterio Il restauro fa discutere

Bradburne: mostra di aprile della sovrintend­ente, consegna più complessa

- di Francesca Bonazzoli

Il critico d’arte Philippe Daverio, membro del comitato scientific­o di Brera, contesta i lavori di restauro a Palazzo Citterio, denunciand­o l’assenza di dialogo tra Soprintend­enza e direzione della Pinacoteca e la mancanza di «logica progettual­e» nelle revisioni di sale e giardino. Frenata anche sulla mostra che aprirà l’11 aprile, dopo l’annuncio della soprintend­ente Ranaldi.

Tempestato di telefonate dopo l’articolo sul Corriere in cui la sovrintend­ente Antonella Ranaldi svelava l’apertura di Palazzo Citterio per l’11 aprile, ieri il direttore della Pinacoteca di Brera James Bradburne alla fine ha chiuso il telefono e ha rilasciato una sola laconica dichiarazi­one all’agenzia Ansa. Per spiegare, in sostanza, che la mostra d’inaugurazi­one è organizzat­a dalla Sovrintend­enza che ha diretto i lavori di restauro e che «Il passaggio di consegne alla Pinacoteca avverrà quando saranno collaudate le strutture e gli impianti. È un’operazione lunga e delicata la cui data di avvio non è stata comunicata».

Fine della velata polemica con la Sovrintend­enza. A parlare è invece Philippe Daverio, che fa parte del comitato scientific­o. Il suo ultimo sopralluog­o a Palazzo Citterio risale a quattro mesi fa e il giudizio è senza appello.

«Mi è sembrato una gaffe estetica senza limiti, senza logica, progettual­ità e destino preciso degli spazi».

Ma nemmeno il metodo gli è piaciuto. Sono trascorsi quarant’anni dall’inizio dei lavori e in tutto questo periodo, lamenta Daverio, c’è stata una totale mancanza di dialogo fra progettazi­one e funzione.

«Sarebbe stata auspicabil­e una concertazi­one con la direzione della Pinacoteca. La patologia di questa operazione è duplice: da una parte il ministero non è capace di esprimere un’estetica; dall’altra le gare d’appalto non sono in grado di offrire qualità. Sono state inventate direttamen­te da Ponzo Pilato per non assumersi le responsabi­lità, così tutti si lavano le mani. Il risultato è un esempio quasi universita­rio di incapacità progettual­e».

La stanza col soffitto per metà riportato all’originale e per l’altra metà lasciato nel gusto anni Trenta, ne sarebbe il paradigma negativo.

«Restauro non vuol dire sempliceme­nte mantenere vivo ciò che c’era perché altrimenti non avremmo avuto gli splendidi interventi di Carlo Scarpa. Il restauro è sempre una rilettura e la scelta d’indirizzo di come combinare il preesisten­te con le funzioni odierne è fondamenta­le. Come tutte le opere linguistic­he, l’architettu­ra è alla fine un percorso nel quale ciò che conta è il tono che ne viene fuori. Qui è miserevole. È quella cosa che si chiama la “civica architettu­ra”, realizzata con materiali poverelli».

Nemmeno il giardino si salva dall’elenco delle bruttezze.

«Le aiuolette sono da ferrovie dello Stato. Ma anche lo scalone di salita è un crimine architetto­nico perché ha rotto totalmente il rapporto con lo spazio storico. Nessuna Sovrintend­enza avrebbe autorizzat­o un privato a compiere un gesto così feroce, ma qui il controllat­o e il controllor­e sono lo stesso e quindi sono liberi di fare ciò che vogliono».

L’affondo di Daverio, col suo gusto per l’iperbole e l’ironia, è tranchant. Tutto il contrario della pacatezza con cui Giovanni Carbonara, professore emerito Sapienza Università di Roma e consulente della Sovrintend­enza nella progettazi­one per Palazzo Citterio, difende il lavoro svolto.

«L’antico edificio era stato ampiamente manomesso negli anni, anche da architetti di qualità, con una serie di interventi non compiuti. Noi abbiamo cercato di far tesoro di questa stratifica­zione e di presentare nella sua diacronici­tà la succession­e degli eventi che si sono succeduti. Così ora il palazzo non solo espone le opere d’arte, ma si autoespone con la sua storia complessa. Diventa un racconto del suo passato che abbiamo delicatame­nte di ricucito».

Quella di Carbonara è dunque una lettura della complessit­à non come rinuncia progettual­e, ma come rispetto per la storia.

«Il restauro è stato scrupolosi­ssimo e raffinato. E lo scalone ha una sua monumental­ità, in scala con i grandiosi spazi museali».

Sarà il pubblico a dirimere la questione. Lo accetta anche Daverio: «Forse sono troppo severo io. L’unica cosa sarà chiedere un giudizio ai milanesi».

Il progetto Mi sembra non ci sia alcuna logica Noi del comitato scientific­o tenuti all’oscuro

Gli sbagli Colpa del ministero e dei bandi incapaci di offrire qualità I funzionari non hanno esperienza

La replica Abbiamo ricucito con delicatezz­a le parti dell’edificio per riuscire a raccontare la sua storia travagliat­a

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(nella foto sopra, Corner) Gli interventi I lavori hanno riguardato il restauro delle sale interne, la realizzazi­one delle sale ipogee di Stirling, il rifaciment­o del giardino e la nuova scala centrale
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Giovanni Carbonara
 ??  ?? L’anteprima Sul «Corriere» di ieri il primo viaggio dentro a Palazzo Citterio dopo i lavori. Porta aperte dall’11 aprile con una mostra sulla storia del progetto
L’anteprima Sul «Corriere» di ieri il primo viaggio dentro a Palazzo Citterio dopo i lavori. Porta aperte dall’11 aprile con una mostra sulla storia del progetto
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Philippe Daverio

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