«Impegno politico ostacolato da maschilismo e ritmi di vita»
Forse dire che l’azzurra Silvia Sardone è stata la donna più votata in Consiglio regionale è riduttivo: le sue 11.312 preferenze le hanno fatto sfiorare il record di queste elezioni, conquistato dal collega di partito Giulio Gallera per una manciata di voti (11.722).
Visti i risultati, a lei la doppia preferenza di genere ha portato bene.
«In realtà non mi è servita, e non l’ho neanche usata: non ho fatto il ticket secco con nessuno. I miei voti me li sono conquistati con la mia attività sul territorio, un lavoro che è stato premiato dai lombardi». Ma la doppia preferenza serve davvero? «A ben poco, credo».
Alle poche consigliere in aula si aggiunge l’apparente difficoltà a trovare donne da inserire in giunta. Qual è il problema?
«C’è un problema generale: sono poche le donne in politica. A frenarne l’ingresso è un insieme di cose: dall’ambiente, che è sicuramente un po’ maschilista, alla questione dei tempi di vita. La donna spesso deve aggiungere l’attività politica al lavoro e all’impegno in famiglia. Conciliare tutti questi aspetti è difficile e impegnativo. Servirebbe eliminare le barriere all’ingresso».
Quote rosa
Sono del tutto contraria: finiremmo per essere come panda
I partiti
Servono politiche interne per incentivare impegno e passione femminili
Quindi cosa può essere utile: quote minime obbligatorie in aula?
«Assolutamente no, sono contraria. Finiremmo per essere come i panda. Non penso che una donna, solo per il suo essere donna, debba valere più di un uomo. Anche se è vero che in politica, come in altri settori, la donna è chiamata a dimostrare il suo valore più di quanto sia richiesto a un uomo. Servono politiche interne ai partiti che aiutino le donne ad avvicinarsi: persone che ci credano davvero, che siano pronte a fare la gavetta e a conquistarsi le preferenze sul territorio». È una professione che consiglierebbe a una sua coetanea?
«Certo, se ha passione. E ne serve tanta, per non farsi abbattere dagli ostacoli e dalle difficoltà».