Giochi invernali 2026 Olimpiadi, una sfida a due velocità
Il sindaco: no ai proclami, valuteremo più avanti. Il presidente: cautela giusta, ma mi stupisce Sala prende tempo: tocca al Coni indicare Milano. Fontana esce allo scoperto: un’opportunità
Il tema dei Giochi invernali del 2026 fa discutere. Il sindaco Beppe Sala ha spiegato che non intende buttarsi nella guerra dei proclami e che non tocca a Milano fare il primo passo: «Qualora il Coni decidesse che la nostra è una buona candidatura, guarderemo con interesse la cosa». Molto più netto il neogovernatore della Lombardia Attilio Fontana : «Per la Lombardia grande opportunità da cogliere».
C’è una gran confusione intorno ai Giochi invernali del 2026. Tutti li reclamano, nessuno li vuole. Il balletto finora ha visto le pretendenti italiane fare un passo avanti, seguito da un altrettanto deciso balzo indietro. È successo a Torino, dove l’endorsement di Beppe Grillo non è bastato al sindaco Chiara Appendino per convincere i consiglieri comunali (al contrario di quelli provinciali), così come per il Veneto del governatore Luca Zaia che ha incassato il rifiuto di Bolzano a schierare le Dolomiti. In questo quadro poco chiaro, il sindaco Beppe Sala ieri ha non ha aiutato a delimitare almeno un punto fermo. Nemmeno con quel suo perentorio «Milano non si candida». Perché a quello che poteva sembrare un gran rifiuto s’è aggiunta subito una seppur tiepida apertura: «Qualora il Coni decidesse che la nostra è una buona candidatura — ha infatti proseguito Sala — guarderemo con interesse la cosa e saremo più che disponibili a parlarne». Come a dire: per ora no, più avanti chissà.
La linea a Palazzo Marino è muoversi con cautela. «Non è un bene per la città inserirci in una battaglia per quale deve essere la sede candidata — prende tempo il sindaco —. Se Torino deciderà di andare avanti, noi non avremo nulla da dire. Se dalle valutazioni del Coni invece Milano potrà essere la città ideale, decideremo». Il Comune vuole evitare d’infilarsi in uno scontro già abbastanza affollato. Per di più se il gioco rischia di rimanere solo a livello di proclami. C’è infatti un passo preliminare da fare prima di parlare di qualsivoglia candidatura italiana: modificare la Carta olimpica che ad oggi vieta a uno stesso Paese di ospitare le Olimpiadi e l’assemblea generale del Cio che decide sull’assegnazione dei Giochi, visto che il summit che sceglierà la sede per il 2026 si svolgerà l’anno prossimo a Milano. Nulla di impossibile, sia chiaro (il documento è già stato ritoccato in passato) ma nemmeno scontato.
Se il sindaco Sala frena, l’idea conquista invece Matteo Salvini, che immagina un’edizione diffusa sotto tutto l’arco alpino, «sia a Torino, che a Milano, che sulle Dolomiti. Lavoreremo per attrarre questo evento». Il leader leghista non è l’unico favorevole ai Giochi.
A tifare per il capoluogo lombardo c’è tutta la Valtellina, in quel caso più che probabile sede delle gare di sci. «È l’unica città italiana che ha le carte in regola», garantisce Maurizio Gandolfi, storico organizzatore delle gare di coppa del mondo di sci alpino. «Il no del sindaco Sala non è un reale passo indietro. In Lombardia abbiamo tutto quello che serve per organizzare Olimpiadi “green” senza grossi investimenti. Non manca nulla, rinunciare sarebbe una follia: Milano ha gli stadi del ghiaccio e i posti letto; Saint Moritz e l’Engadina sono l’ideale per lo slittino e il bob; la Valtellina per tutte le altre specialità». La pensa allo stesso modo Valeriano Giacomelli della Sib, la società che gestisce gli impianti di risalita di Bormio: «Dopo il no di Roma alle Olimpiadi estive, il passo indietro di Milano appare come un suicidio. Noi siamo pronti».
«Non ci candidiamo, aspetto Malagò» Gli organizzatori dei mondiali di sci: abbiamo stadi del ghiaccio e impianti, la Lombardia è preparata alla sfida