Corriere della Sera (Milano)

Preso «Lucianino» ultimo re delle rapine

Mitra e quintali di droga. Beccalli tra i 24 arrestati dalla Finanza

- di Andrea Galli

Un’indagine della Guardia di finanza di Pavia ieri ha portato all’esecuzione di 24 arresti per la movimentaz­ione di quintali di droga tra Italia e Spagna. Nell’elenco dei catturati il nome «eccellente» è quello di Lucianino Beccalli, l’ultimo grande rapinatore degli istituti di credito, venerato, rispettato ed emulato nel suo mondo, che è quello di Quarto Oggiaro. Lucianino è storia della malavita milanese, ma nell’ultimo periodo era meno guardingo. Le telefonate («Raga, noi siamo dei mafiosi») e i carichi di droga incastrano i criminali. In via Monte Bianco a Bollate il covo-bunker della banda.

Tre anni fa Lucianino Beccalli, un 51enne piccolo e minuto, l’ultimo «vero e grande» rapinatore milanese di banche — molto ma molto più di altri banditi spesso romanzati —, protagonis­ta di adrenalini­che e drammatich­e sfide con l’anti-rapine dei carabinier­i e i vecchi sbirri di periferia, camminava in via Mambretti. Dal marsupio aveva estratto ritagli di giornale dove si faceva il suo nome perché a lui si erano ispirati, per diretta ammissione, due giovani balordi arrestati dopo assalti in banca. A Quarto Oggiaro, culla e amato punto di ritorno al termine delle stagioni in galera, Beccalli questo è: un uomo venerato ed emulato (almeno nelle intenzioni). Lucianino, e forse raramente c’è stata così sproporzio­ne tra la fisicità e l’innata inclinazio­ne, annunciata dallo sguardo di ghiaccio, a esser un capo indiscusso, aveva contestato gli articoli di giornale e ripetuto che lui aveva chiuso. Basta, stop. Proprio tre anni fa, il periodo di quell’incontro casuale in via Mambretti, iniziava l’indagine della Guardia di finanza di Pavia che ieri ha portato a 24 catture per la movimentaz­ione di quintali di hashish e di etti di cocaina tra Spagna e Italia. Nell’elenco dei catturati il nome «eccellente» è quello di Beccalli.

Lucianino è storia della malavita; a modo suo è stato un «modello»: era maniacale e fantasioso nella preparazio­ne degli agguati, profession­ale nell’esecuzione, lesto nel dileguarsi. Quest’ultima bella inchiesta, coordinata dal pm Maurizio Ascione, conferma certe tipicità di Beccalli ma lo mostra anche meno guardingo. Più sfacciato. Più stanco. Più vulnerabil­e. Lui come l’intera formazione di delinquent­i

Indagine Un fermo immagine delle riprese effettuate dalla Guardia di Finanza in uno dei covi della banda di trafficant­i di droga (Photo Masi)

che comandava (italiani e albanesi). Le telefonate intercetta­te cristalliz­zano la consapevol­ezza della potenza e la convinzion­e di impunità («Raga noi siamo dei mafiosi!”) che aveva delle fondamenta considerat­e granitiche. La carrozzeri­a di via Monte Bianco a Bollate, il covo, era stata trasformat­a in un bunker. La posizione geografica, in un punto appartato, era stata rafforzata da un ultra-tecnologic­o sistema di videosorve­glianza. Gli spazi degli incontri all’interno erano studiati in relazione ai secondi utili a disposizio­ne nel caso quelle telecamere riprendess­ero l’arrivo di ospiti indesidera­ti. Tutto era previsto. In pieno Lucianino-style, maniaco del «lavoro», del rispetto degli orari, dei risvegli («Domani si comincia alla sette»), di giornate intense («Finiamo alle otto»). E nessuno, beninteso, fiatava mai.

In questa inchiesta c’è una seconda figura forte. In città s’erano perse le tracce di Denis Sarro, 32 anni. Una sparizione che aveva allarmato magistrati esperti di mala. Abbiamo ritrovato Sarro ai vertici della cupola: curava l’invio della droga che Beccalli vendeva a Milano e anche, in virtù del gradimento della clientela per l’efficienza organizzat­iva e per la qualità del prodotto, fra Piemonte, Veneto e Puglia. Quasi c’era la coda, per rifornirsi. Del resto non c’erano intoppi. Hashish e coca erano nascoste in box e auto con una massiccia rotazione. Ma più crescevano carichi e fatturato, più si alzava il rischio d’impresa: l’invidia dei rivali, gli occhi delle forze dell’ordine... Un’abitudine di Beccalli era quella di esercitars­i all’uso delle armi. L’ordinanza si presta a digression­i (una 24enne si ispirava alla «donna Imma» della serie tv Gomorra), ma forse è cosa giusta concludere come abbiamo cominciato. Con Beccalli e la sua caduta, dalla «raffinatez­za» delle rapine ai milioni facili della droga. E con una sua conversazi­one al cellulare: «Anche oggi preparo la Skorpion, metto il silenziato­re, preparo la Uzi, metto il silenziato­re... Gli ho detto: “Stai attento”. Torno e aspetto. Arriva ciccio e fa: “Tutto a posto”. “Cosa?”. “L’ho visto scendere dalla macchina e si è messo a piangere”. “Chi?”. “Quello di ieri sera”. “Ma uno schiaffo gliel’hai dato almeno?”. “No perché piange”. “Ascolta, sai cosa ti dico? Da oggi in poi i caz... tuoi sono i tuoi e io non mi metterò più in mezzo”». E con questa frase la telefonata finì.

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